MISURA e TRASCRIVI

MISURA e TRASCRIVI

gennaio a Genova

gennaio a Genova

Nuvole

Nuvole
foto di Anna Ducci

LA SERA




LA SERA

Chiudi tu la persiana
su quest’altro giorno che passa,

io mi aggrapperò ancora
all’ultima luce vegliata,

anche alla più lontana,
come quella che tra poco
cadrà dall’orizzonte,

perché voglio ancora credere
che di questo giorno
ne ho ancora tanto da vivere.

(Anna Ducci)


giovedì 31 gennaio 2008

71_SULLE SOMIGLIANZE TRA PASSERI E TOPI
(Genova, 31 gennaio 2008, giovedi)

all’occasione di sole,
mentre stendevo il bucato alle corde,
una molletta mi cade sulla tettoia sottostante:
con fragore rimbalza e resta esanime nel cortile

mentre la compiango,
guardo i passeri che frullano dentro fuori dai cespugli
e li paragono ai topi:
penso che si osservino a vicenda,
che ognuno invidi all’altro le proprie risorse

gli uni a corsette veloci fiutando, a giusta portata di fuga,
gli altri con svolazzi da ramo a ringhiera,
sulle briciole in banda, sempre più arditi

immagino i percorsi nascosti,
le famigliari gallerie, il folto accogliente,
i nidi affollati di becchi zampette e code ritorte
di popoli piumati di ruggine, pelosi di granito

tra un regno in aria e uno strisciante,
dominiamo nel mezzo:
un ignaro potere che amministra
solo ciò che vede.

sui rami_5


70_DUE USCITE
(Genova, 30 gennaio 2008, mercoledi)

Un freddo venticello alterna le sue mosse,
spostandosi sui due lati della scacchiera:
ora tramontana muove le sue pedine,
poi dal mare un avversario ribatte al contrario

nel mio palazzo come altri nello stesso quartiere,
si entra ed esce dal tetto:
costruito sul fianco della collina,
è congiunto alla strada da un ponticello,
come una passerella tra il molo e la nave

così per uscire si sale:
come in un pozzo si scorge dal basso il chiarore,
un mitico percorso congiunge inferi e cielo

alle otto in punto si spegne la luce:
chi si trova in quel momento nelle scale,
cerca nell’improvvisa penombra lo scalino e la ringhiera
a cui affidarsi per ascendere al giorno
o calarsi nel girone dei piani inferiori

gli antichi abitanti raccontano che in passato,
l’ingresso era come di consueto alla base dell’edificio
e sbucava per scalinate sul viottolo ora in disuso nascosto dai rovi:
da lì all’alba scendevano in porto a lavorare
e tornavano la sera

erano gli anni in cui ogni palazzo con due portoni
poteva consentire fughe
e a quei portuali sospetti che vi abitavano,
di eludere il controllo:
un’auto sostava in una strada allora semideserta,
qualcuno fingeva di leggere il giornale con la schiena alla ringhiera
e teneva d’occhio il portone,
poi con un cenno d’intesa lasciava il posto ad un collega

così per norma di pubblica sicurezza,
ogni casa con due uscite fu ricondotta ad una:
noi ora saliamo sul tetto per trovarci nella pioggia o nel sole
o lasciandoli scendiamo alle nostre stanze,
senza più una via di fuga che ci consoli o illuda,
privati di una libera scelta,
obbligati ad un senso di marcia
per cercare la salvezza in cima alle scale
o la condanna in fondo.

martedì 29 gennaio 2008

69_MISURA DI MEMORIA
(Genova, 29 gennaio 2008, martedi)

ho chiuso le persiane s’un cielo stellato,
le riapro ad un conflitto in corso:
un ingombrante intruso si espande da levante,
tiene il sole in ostaggio alle spalle
e sotto di sè spegne i colori nella foschia

mentre il grigio dilaga verso monte
e travolge ogni avamposto di azzurro,
traditi dai loro sensori, i lampioni per strada sono rimasti accesi,
come segnali ai bordi di una pista di approdo:
un silenzioso sconforto ci prende,
all’incontenibile invasione che avanza

nella metà superstite,
una fettina di luna stinge come un ritratto di antenato
e avverte che tocca a noi occuparci del giorno in corso:
alla notizia, c’è chi indossa gli stivali e impugna l’ombrello,
altri più fiduciosi nel bene, escono invece a capo scoperto,
chi dietro i vetri misura che scelta convenga,
chi è sottomesso a un cielo avverso e non spera
e chi nel pieno dell’inverno, già immagina una diversa stagione

mai con identico modo,
si combinano gli stessi elementi:
dell’aria si espande, dell’acqua si condensa,
in alcune date si annuvola senza speranza,
in altre si ribella ad ogni comando:
si può sbagliare per eccesso di entusiasmo o di prudenza,

ma una corta memoria è la nostra peggiore sconfitta

lunedì 28 gennaio 2008

incredibile..


68_EVO RAPIDO
(Genova, 28 gennaio 2008, lunedi)

una groppa scura è adagiata sulla opposta collina
e protende un lungo muso verso l’acqua:
poi l’imponente animale svanisce con il progresso dell’ora
e ne rimane solo un ciuffo di coda sospeso sul mare

alla sua esistenza non può credere
chi si è svegliato un attimo dopo e nessun resto rinviene:
così tutto in cielo, rapido si evolve

l’orgogliosa città
rigonfia di cupole e bastioni che si ammirava
ora è ridotta in rovina dal vento di quelle regioni,
dispersa in villaggio d’informi capanne

così sorgono imperi celesti a dominarci
e decadono a misere province in lotta fra loro,
mostruose creature rampanti
si riducono a gregge minuto,
imponenti navi si dilungano e spezzano
a zattere in balia delle correnti

come da tutto in cielo,
chi vuol vedere può capire la fine che faremo,
sia morbida nuvola isolata o solido banco minaccioso.

domenica 27 gennaio 2008

67_AVIODIARIO
(Genova, 27 gennaio 2008, domenica)

l’aviatore indossò la tuta
entrò nell’abitacolo
si mise il casco
abbassò la visiera
strinse la cintura
chiuse lo sportello
avviò il motore
rullò sulla pista
e si alzò in volo

dall’alto,
appena sotto lo strato di nuvole
assegnato per oggi a questa città,
osservo un quartiere fitto di case,
una collina rivestita di tetti a squame,
dei versanti tagliati a gradini da strade tortuose,
dei percorsi a mattoni tracciati dal vertice alla base,
delle valli profonde che risalgono abitate fino al contorno di mura,
due stentati torrenti invasi da sterpaglie
e altri minori senz’acqua da portare

chiuso sul mare e al monte dalla foschia,
non posso far altro che virare di bordo
e sopra il golfo di latta tenersi alla rotta segnata:
lascio nel ricordo di una stagione diversa,
colline, pianura e montagne,
ora chiuse in un cofano di nebbia

tornando alla base,
vedo un tizio sul balcone
che osserva le mosse dei gatti nei giardini
e non alza nemmeno gli occhi al mio ronzio,
intento com’è ora a scrivere s’un quaderno:
anche per gl’ingenui distratti e gli scaltri mercanti
ci alziamo ogni giorno in ricognizione.

cintura


66_RIFLESSI
(Genova, 26 gennaio 2008, sabato)

a quest’ora dalla parete chiara del palazzo adiacente,
un sole di rimbalzo illumina la stanza:
è il momento dei riflessi nel vetro di fronte,
dei lampi di luce tra le facce del diamante,
dei segnali dal faro di un finestra che oscilla

i poteri dello specchio concentrano i raggi
in un sole di ripiego, a cui tanti si scaldano:
chi lo sfrutta come utile espediente
per non usare lampadine,
chi lo teme come abbagliante intruso,
chi si rallegra dell’annuncio che penetra la casa.

sabato 26 gennaio 2008

65_IL TRENO RALLENTA
(Genova, 25 gennaio 2008, venerdi)

le inutili parole si affollano in confusione,
tentando di spiegare il complesso fenomeno
di un semplice mattino sereno

si affannano nel proporre paragoni
tra splendori di metalli preziosi e riflessi di gemme,
se l’ambra meglio del rubino e l’oro invece che il topazio,
definiscano l’esatto valore del sorgente tesoro,
mentre un avanzo di luna si attarda
e non vuole sbiadire prima della conclusione

senza nuvole in cielo le parole ripiegano
dalle ricchezze volanti alla città degli uomini:
lento si avvicina il treno alla stazione, in attesa del suo binario

nello stretto terreno tra la ferrovia e la strada,
si allinea una parata di laceri veterani come dopo una disfatta:
sfilano al passaggio i campetti cintati con ogni sorta di relitto,
le piantagioni di verdure ferrose difese con reti da letto,
l’insalata della miseria dignitosa
spruzzata con la riserva d’acqua dei bidoni corrosi,
la vigna sospesa tra il palo dell’alta tensione
e la baracca vestita di latta e coperchio ondulato

in tempi più recenti, dove il sentiero diventa scosceso,
agli orti di sussistenza si sono aggiunte moderne dimore:
invece della porta una coperta,
un telo di plastica per tetto,
le ante di armadio come pareti
e dove serve stracci e cartone

il vagone rallenta,
il cielo non soccorre con altro argomento,
lo sguardo si distoglie ma dai due lati è assediato,
la bocca si serra, la vista incupisce,
la parola non trova scampo,
al panorama che sui fianchi di questo maledetto treno si trascina
e il migliore dei giorni aperto, negli occhi chiusi affonda.

venerdì 25 gennaio 2008

giovedì 24 gennaio 2008

64_SEGNI
(Genova, 24 gennaio 2008, giovedi)

per chi vuol vedere, i segni davvero ci sono:
le tenere piume delle mimose sparse fra i giardini pelati,
un accenno di germoglio sul ramo in apparenza morto,
una pausa di tepore appena il vento si distrae

da qualche giorno una famiglia è tornata ad uscire,
dopo aver trascorso fin qui l’inverno in casa:
da generazioni abitano dietro le decrepite persiane
che fingono finestre nel nostro palazzo
e ora li vedo uscire a tentoni dalle fessure
e lanciarsi in voli di ronda sempre più larghi,
con bizzarre virate al riflesso d’invisibile prede

appena estratta dalla fornace,
una lastra di ferro dal bordo incandescente,
in alto si raffredda nel nero:
come un paralume di carta alla fiamma che declina,
mostrano le ali contro l’ultima luce

con questi angeli si annuncia l’ora
in cui ci chiudiamo dietro le persiane appesi nel sonno,
mentre fuori la notte lavora e trasforma
ogni mattino in un dettaglio diverso della nuova stagione.

mercoledì 23 gennaio 2008

63_CUORE MOTORE
(Genova, 23 gennaio 2008, mercoledi)

due mari si specchiano, uno sull’altro,
entrambi azzurri e profondi:
quello abitato contiene le navi in moto e all’ormeggio,
l’altro è tenuto deserto dal vento,
che non prevede per oggi
il passaggio di nessun natante sospeso

è una questione di calore ceduto all’aria,
di passione in eccesso a far da cantiere
e costruire la flotta che poi vediamo da terra
scorrerci sopra:
è l’intensità del desiderio, il motore che condensa
l’aria limpida in forma di naviglio

corazzate a tutta forza nel temporale
o tenere vele a spasso,
dal cuore, escono nuvole.

per prima la mimosa


62_DESTINO COMUNE
(Genova, 22 gennaio 2008, martedi)

la coperta tirata sulle spalle
scopre il fondo azzurro del lenzuolo,
il piumino scucito, disperde in cielo l’imbottitura:
un letto così agitato non permette di riposare ancora,
bisogna stare al gioco ed uscire,
portando in giro la vista, accanto e sullo sfondo

la vecchia villa in rovina
trascorre l’inverno perdendo ogni giorno
un pezzo di persiana, un vetro dalle finestre,
una tegola che scivola via dal tetto:
nell’interno delle stanze senza più riparo,
entra la pioggia, escono gli uccelli,
lo sguardo esplora senza ritegno

la madre anziana è costretta dalla figlia insofferente
a fumare sul balcone,
per la salute del nipote e il buon odore della casa:
un destino comune
disegna le rughe sul viso e le crepe nel muro,
incrina lo specchio e la vista,
lo stesso tempo che corrode gli stucchi al soffitto,
ci tiene in piedi alla ringhiera
in una pausa di aria per vecchi viziosi.
61_LA PROFEZIA
(Genova, 21 gennaio 2008, lunedi)

dato che il cielo compatto e grigio non offre appigli,
lo sguardo deluso ripiega sul terreno,
sulle tracce di un viaggiatore che aspettiamo,
del cui arrivo abbiamo notizia
ma non certezza di giorno

per indicare la via,
cinque candelabri hanno acceso le loro fiammelle,
negli orti incastrati fra le case:
la mimosa diffonde il suo chiarore citrino,
mentre intorno sparge ancora cenere l’inverno

monete dorate tra guanti neri nel cassetto socchiuso,
un guizzo di seta fra le ruvide calze di lana,
una morbida curva intravista sotto il bavero del cappotto:
una profezia di tempi più teneri,
ci tiene vicino alla finestra a custodire la luce del lume.

tramonto


domenica 20 gennaio 2008

60_SOTTO SEQUESTRO
(Genova, 20 gennaio 2008, domenica)

la prevista bella giornata si rivela un inganno,
come un regalo promesso e ben diverso da quello atteso:
delusi guardiamo nel grigio
di una domenica incagliata sul basso fondale

non c’è maggiore tristezza di una nave
che non può navigare,
progioniera in banchina per debiti non pagati,
guasti troppo onerosi, carico illegale

deserta di equipaggio e vuota nella stiva,
si strofina e lamenta contro il molo incatenata:
il ferro si corrode in rosso,
l’ottone si ossida nel verde,
il legno si consuma di grigio,
la ruggine cola dalle ferite non curate,
la vernice si sfalda in brandelli

nient’altro che scambiare uomini e merci tra porti diversi,
dovrebbero fare le navi
e perdere la vita con onore in tempesta
o dalla fiamma smontate a fine carriera
e non degradare nell’ozio forzato
di un sequestro per infausto profitto

potevo toccare l’oriente, sfidare l’oceano,
andare venire carica di mercanzia e marinai,
di macchine in casse, di spezie nei sacchi,
chiamare le grù a servirmi e fischiando ripartire:
mi tieni a strusciare il fianco nella brodaglia
del giorno ogni giorno uguale

tutto costa fatica in simile giornata:
la bandiera pende inoperosa,
il fumo a stento si arrampica e sosta indeciso
come tutti gli arnesi usati che poi gettiamo in un canto,
come un gioco lucente fra le mani si offusca in relitto

anche noi ci culliamo consunti, cigolando nell’arsenale:
traditi dall’armatore,
nati per traversare il mare,
per mostrare il nome a tutte le coste,
invece costretti all’ormeggio di una vita indegna,
in attesa d’incerto riscatto nell’angolo
più nascosto del porto.
59_AL FUOCO
(Genova, 19 gennaio 2008, sabato)

oggi lo stesso modello di nuvole apparso ieri
si presenta come volute di fumo da un territorio in fiamme,
che avvampa di fronte
e alle spalle si addensa in cenere sempre più cupa

come da un fulmine caduto nella prateria,
l’incendio si estende:
siamo ristretti in un cerchio ma nessuno si allarma,
si respira con fatica
ma non è certo che sia dovuto al fumo,
si sente più caldo al collo
ma la testa giustifica la temperatura

si leggono segni in cielo ma la ragione non ne trova il senso:
il celeste disastro non è preavviso di uno terreno,
il rogo fra le nuvole non è parabola d’inferno al suolo,
questa è la litania che ci ripetiamo
per il resto del giorno

sensazioni, presagi, nuvole:
come abbassi lo sguardo per scriverne il messaggio,
svaniscono con il resto della frase
mutate in altra forma e direzione contraria,
finchè il buio non spegne
la corta vista e la debole coscienza.

sui rami_4


sabato 19 gennaio 2008

58_SUL 20
(Genova, 18 gennaio 2008, venerdi)

da levante un barcone a fondo piatto
ci transita lento davanti:
è carico di un voluminoso involto a picchi e gobbe,
una catena di montagne fasciate di bianco

a migliore luce si rivela un convoglio di chiatte
che trasportano in cielo cime terrestri,
ormeggiato al largo in attesa di un porto
disposto a simile carico

con questo problema irrisolto per aria,
l’annuncio dell’autista giunge inatteso:
per un blocco stradale di operai in sciopero,
alla prossima fermata dovremo scendere tutti

la notizia scorre in mormorio tra noi passeggeri,
dilaga con commenti sull’attuale governo e i precedenti,
ondeggia fra contrastanti opinioni,
si arena s’un brontolio che invoca drastiche misure

intanto i molti stranieri di diversi continenti
si agitano come pesci in una vasca
che una falla sta vuotando:
spalancano gli occhi e la bocca,
cercano di capire le cause
dell’ennesima eccezione alle regole imposte,
scrutano dai finestrini,
chiedono di scendere pur essendo appena saliti,
premono all’uscita cercando salvezza

con la saggezza di più antiche civiltà,
vengono esortati da qualcuno a tornare al proprio paese
e loro intuendo l’invito, replicano in una babele d’insulti
e reciproche valutazioni sulle qualità dei propri paesi,
finchè l’autista esasperato libera tutti aprendo le porte

un popolo di borsoni bambini bastoni
s’incammina verso il proprio destino:
nella stessa direzione la flotta sospesa veleggia
in cupo rossore al capolinea del giorno.

giovedì 17 gennaio 2008

57_TRENI IN CIELO E TERRA
(Genova, 17 gennaio 2008, giovedi)

al vento che per tutta la notte ha fischiato,
quattro nuvole grigie sono ancora allineate sopra il mare,
come vagoni affusolati sul binario in attesa di destino

mentre osservo una fumata bianca svanire in altra quota,
ecco le carrozze in ritardo
svoltare dietro l’angolo di una casa:
hanno portato e lasciato in terra
questi gabbiani che commentano stridenti le nostre abitudini
e già si capisce dal sereno in stazione,
che non ci sarà nella giornata
un treno di ritorno su cui farli salire

poi anche gli antipatici turisti
spostano il loro interesse su di un altro quartiere
e noi restiamo da soli ad asciugare dal diluvio di ieri,
più per un invadente vento che ad un sole distante

per coincidenza o destino,
più tardi ho viaggiato per un breve tratto in treno:
in piedi nel passaggio,
lo sguardo oscilla e ondeggia e trapassa le carrozze vuote
fino al concetto apparso in cielo agli occhi del mattino
e che ora concreto sotto i piedi sferraglia nella notte.

al volo


mercoledì 16 gennaio 2008

56_PIAGHE D’EGITTO
(Genova, 16 gennaio 2008, mercoledi)

la parte superiore della collina è invisibile per nebbia:
un cappuccio calato sulla fronte,
lo sguardo tenuto basso dalla visiera,
la testa ciondolante per il peso dell’elmetto,
il passo attento alle pozze,
si marcia in strada tra duelli di parapioggia,
procedendo su terreno nemico
in ricerca di provviste

all’insegna del migliore acquisto,
un palloncino si è sgonfiato nel festone sopra le casse:
una vuota vescica pende tra due rigonfie,
un’appendice avvizzita e stinta,
tenuta in catena dalla carità delle altre in salute,
una buccia rinsecchita in mezzo a polposi frutti,
una foto di privazioni impaginata con carnose modelle

un presagio di carestia
incombe sulla coda in lento cammino,
un annuncio sconveniente per gli scaffali ricolmi,
come la mummia di un ignoto faraone,
vegliato da lumi e lamenti di lettore ottico e neon.

martedì 15 gennaio 2008

55_MAGIA DA BAGNO
(Genova, 15 gennaio 2008, martedi)

dopo tutto quello che ieri è successo,
di nuvole corazzate in parata,
di spiragli accennati e richiusi,
di luce insistente all’ingresso respinta in malo modo,
stiamo sdraiati sotto il peso di una spessa trapunta

come si faceva nella grotta sotto le coperte,
in un giorno senza scuola,
sbucando da un lato per respirare
e tornando con un balzo,
al tepore di una morbida penombra

in mancanza di una volta stellata
e di un sole nascente
o di un prosaico cielo visibile,
ci si rivolge alle pareti della caverna:
nel disegno casuale delle piastrelle del bagno,
scorgo il muso di un fierissimo leone,
il profilo di un capo indiano
che offre la mano in segno di pace
e altri accenni di creature indefinite

penso a tutte le figure comparse
dopo un’adeguata invocazione
nei bagni precedenti,
da una leggerissima crepa nel muro,
un alone di calcare nella vasca,
un planetario di schizzi sullo specchio:
non solo in palazzi e castelli,
ma in casa di ognuno ci può essere una cappella
d’idraulica privata magia

considero nel corso del tempo,
la persistenza del sacro e il privilegio raggiunto
di poter comodamente evocare i propri demoni e dei,
ritrarre il bisonte trafitto,
indossare le corna del cervo per il rito di caccia
e poi uscire con arco e frecce, cellulare e biglietto del bus.

lunedì 14 gennaio 2008

non bastano parole


54_ATTO PRIMO
(Genova, 14 gennaio 2008, lunedi)

una lenta pancia si trascina,
sfiorando i tetti con le sue zampette pelose:
come da una botola socchiusa,
uno spiraglio di luce si riflette sul battente superiore
e tutta la voglia di potere del sole,
tra pentola e coperchio è costretta a ribollire
di ruggine e mattone

in pochi minuti si svolge sopra di noi un dramma:
un paradiso a ponente per un istante s’indora e svanisce,
una foschia verdastra si diffonde in orizzonte,
da levante la prua di uno scafo imponente
avanza al centro della scena,
un velato sipario di pioviggine cade,
un arcobaleno appare sul fondale a collina

il primo atto si conclude:
prima che svanisca scrivo
una recensione ammirata, un commento inadeguato
a vergogna di noi
svogliate comparse e distratti spettatori,
che ben meritiamo di conseguenza,
pioggia nel resto del giorno.

domenica 13 gennaio 2008

al volo


53_PITTORI DA DOMENICA
(Genova, 13 gennaio 2008, domenica)

la veloce barchetta dei piloti
ritorna al molo dopo aver condotto all’uscita
una nave dal porto:
traversa di bianco il fondo cobalto
e la scia vibrando si espande all’intero catino

in secondo piano,
sul mare aperto un bordo in movimento segna l’orizzonte,
una cornice d’argento che tramontana impone
come limite inferiore dell’azzurro compatto

una nuvola a muso di topo si stacca dal resto,
un orecchio si allunga e scolora in pennacchio rosato
dal dorso di una scura balena,
poi è una vela che issata,
sbianca e sfilaccia nella veloce manovra

in un dipinto di continuo ritoccato,
un vento severo e un giovane sole,
sono giudici per ogni disegno di nuvola:
nessuna tela può contenere il moto,
parola definire le gradazioni di tinta,
tecnica riprodurre le variabili in divenire

ad uno spettacolo così complesso,
possiamo essere solo attoniti spettatori,
annotare la nostra presenza all’interno del fenomeno,
registrato dagli strumenti ma non replicabile

un semplice mattino sereno,
si rinnova da sempre a perenne modello
per il nostro transitorio e maldestro quadretto.

sabato 12 gennaio 2008

52_PESCE FILOSOFO
(Genova, 12 gennaio 2008, sabato)

sotto la pioggia la vasca nel giardino
è un tremolio di acqua che tiene dietro il vetro
un‘ombra di pesce

con un brivido mi sento immerso come lui,
in un liquido che dall’alto si accresce a gocce:
considero come
lo stesso elemento mi contenga
e da un’altro mondo scenda,
come in spirito evapori al cielo
e nella mia tinozza ricada,
come la materia dove naviga la balena,
sia la stessa in cui sguazza un pesce rosso

al picchettio sulla coda
mi riparo con una foglia che galleggia
e a questa evidenza boccheggiando sotto il pelo,
con un commento di bolle d’aria,
mi lascio cadere più a fondo.

dopo il temporale


51_STAZIONE NOTTURNA
(Genova, 12 gennaio 2008, sabato)

pubblicato su Meteo Diario

un profondo nero a monte lampeggia,
sopra di noi velocissimi vagoni grondano pioggia,
in mare aperto l’imbocco della galleria
è una fessura d’incredibile rosa,
che già si chiude dietro la curva

per tutta la notte con scrosci e tuoni
sono transitati convogli di ruote sui binari,
di catene contro lamiere,
di ferro bagnato che naviga e rotola

ai vetri della sala d’aspetto
sbiadiscono i lampioni del piazzale,
si accende l’insegna e riapre lo sportello,
orario e destino si compone in tabella,
la campanella annuncia un prossimo arrivo,
una voce consiglia
di tenersi al sicuro anche per oggi oltre la riga

raccolgo il mio bagaglio di penna e quaderno
e scendo le scale verso l’uscita:
confuso dai ripetuti annunci contrastanti,
sconcertato dalla quantità di possibili rotaie,
infastidito dagli spintoni
dei viaggiatori sicuri della meta e del giusto percorso,
incalzato dal rotolio di valigie al guinzaglio

la prossima notte mi prometto di dormire
in una stazione di riviera,
con l’agave e il pitosforo,
un guizzo di mare tra due gallerie,
un solo binario di scelta per opposte direzioni,
una fermata per la maggior parte omessa
nell’orario ufficiale.

venerdì 11 gennaio 2008

50_ISOLA DI PENA
(Genova, 11 gennaio 2008, venerdi)

tenuti ad occhi bassi
dall’estensione senza spiragli,
dallo spessore che s’intuisce elevato,
dal vapore che ne discende e si muta in pioggia

la punta del traliccio sulla costa di fronte
si smateria nella nebbia,
la cima del campanile
trascende nella nuvola che l’avvolge

convinti dai loro sensori
i lampioni rimangono accesi,
in collane di ambra e perle
a giro del porto e in corona al monte

ogni pigrissimo fumo è tirato fuori a forza dal camino
e dallo scirocco costretto radente al proprio tetto

i gabbiani in pattuglia insistente
ci tengono al confino,
senza poter ricevere ed inviare
messaggi o preghiere:
separati dal mondo in esilio dal sole,
in una isola evitata dalle rotte
per il malsano clima e la triste vita degli abitanti

ognuno guarda il proprio numero sul petto
e attende l’inutile appello della sera:
nessuno è mai fuggito da una simile giornata.

giovedì 10 gennaio 2008

sui rami_3


49_FINESTRE MURATE
(Genova, 10 gennaio 2008, giovedi)

un velo agli occhi stende questa pioggia sottile,
chi è più grigio si annerisce,
chi già è nero di più luccica e affonda,
chi si afferra, la memoria spinge a galla

per simmetria di decoro,
sulla facciata del mio palazzo ci sono delle finte finestre,
con vere persiane dietro cui c’è il muro:
accanto a quelle negli anni rinnovate,
su ogni lato stona una fila verticale d’imposte annerite

la loro vernice è scrostata come sulle vecchie barche,
lasciate in secca con il fasciame sconnesso,
una colatura di catrame sotto il bordo,
inchiodati dalla ruggine i cardini da sempre inoperosi

penso che dietro vi siano le stanze segrete
degli abitanti che ci hanno preceduto:
accanto a noi ma non visibili
le generazioni in affitto di portuali e tranvieri,
le giovani spose prima e le vedove di guerra,
i bambini nati e cresciuti in queste scale,
da ragazzi poi tutto il giorno per strada,
fino ai due nomi e cuori trafitti
che ho trovato fra gli strati delle carte da parati

penso che ogni vita lasci un segno nel luogo in cui si svolgeva,
come in questa casa dall’intonaco mai rifatto,
ancora scheggiato dalle bombe sul porto,
all’epoca ultimo avamposto abitato della periferia

dalla cucina in altre cucine,
si affaccia la vista sul più moderno palazzo affiancato:
qui le persiane sono tutte viventi
ma quasi sempre altrimenti chiuse
per limite di vicinanza

ogni tanto un braccio si sporge a scrollare uno straccetto,
un serale lampeggio azzurro appare tra le fessure,
un chiarore da comodino veglia dietro le tende:
nello spazio abitato in cui ci hanno ristretto,
ci voltiamo la schiena, fantasmi a noi stessi vicini.

mercoledì 9 gennaio 2008

48_A MACCHIA DI TIGRE
(Genova, 9 gennaio 2008, mercoledi)

abbiamo oggi un cielo
che un mio collega avrebbe definito,
equivocando tra felini,
a macchia di tigre

disposte a bande oblique,
con altre a cubo diradate,
le nuvole si dispongono come blocchi di ghiaccio sporco,
che il disgelo frattura in un mare artico

noi orsi alla deriva sull’isolotto,
aspettiamo che la corrente ci spinga
ad una riva su cui balzare
e scrollando l’acqua dal pelo,
inoltrarci con un grugnito
nella nuvolosa banchisa di giornata.

sui rami_2


47_GUERRA FREDDA
(Genova, 8 gennaio 2008, martedi)

azzurra, profonda, serenissima:
con titoli scanditi come questi si propone
la giornata ai suoi abitanti

i sudditi al suo passaggio espongono
stoffe sgargianti:
tovaglie rosse delle feste concluse,
lenzuola dai vivaci colori con bordi fioriti,
panni che la censura del tempo
imponeva di custodire all’interno

abbiamo patito un regime di gelo,
separati da reciproche mura,
spiati dal vento in ogni parola,
costretti dalla pioggia a ritrattare
la simpatia per la neve

bandiere, nazioni, balconi:
ognuno festeggia a suo modo,
la prima giornata di mondo unito in libero bucato.

lunedì 7 gennaio 2008

46_PALLE DI CARTA
(Genova, 7 gennaio 2008, lunedi)

pubblicato su Meteo Diario

con un simile cielo,
ad una tenda così compatta
e senza speranza nelle varianti di grigio,
lo sguardo ripiega in terra

un gatto guardingo scende il pendio di verdura bagnata,
tasta il terreno con zampa prudente,
poi non convinto cambia percorso,
indietro ritorna

in una delle case che ho abitato,
una grande terrazza verso il mare
era circondata da uno stretto viottolo con alte pareti
e gatti su bordi e mattoni, di muri e giardini

in una ben composta pila,
le palle di carta di giornale, bagnate e compresse
erano messe ad asciugare al sole estivo,
come scorta per avviare la stufa d’inverno

era l’epoca del calore a legna nella cucina,
del carbone nella caldaia, il braciere nella stanza,
lo scaldino dentro il letto:
il garzone porta su per le scale
la bombola di gas e la barra di ghiaccio
avvolta in tela di sacco,
subito infilata nell’apposito tabernacolo,
rivestito di zinco e con la porta a scatto

in strada una piccola bottega vende gli estremi
di ghiaccio e carbone,
e nel mezzo patate nei sacchi,
cipolle in trecce appese, pentole di terra
e ventole di piume per ravvivare la fiamma

ma dell’inverno in quell’estate non mi curavo
e la previdente provvista mi forniva
compatte munizioni per bersagliare senza scampo
i gatti come gl’indiani dall’alto della collina

nel tempo ho strappato giornali delle annate trascorse,
testimone delle notizie di cui ho fatto cartoccio,
custode della raccolta di pagine
da bruciare in tempi migliori:
anni di parole ho lanciato sui gatti
e ne ho anche colpito ben pochi

dopo questo tragitto all’indietro,
qualcosa in alto si è mosso:
un bordo di panno sfrangiato
trattiene sul mare una fascia di sole d’acciaio

al sovrastante passato peso,
tutto quello che può essere ancora,
sulla soglia splende.

domenica 6 gennaio 2008

tempo di befana


45_STRUMENTI A MEMORIA
(Genova, 6 gennaio 2008, domenica)

la giornata sembrava di specie ben conosciuta:
invece mentre cercavo i termini corretti per definirla,
ha nascosto la schiena scura ed irsuta
mostrando la pancia di soffice peluria,
al centro azzurra, sui bordi bianca
e allungandosi sul mare espone in vista
una zona maculata di ciuffi sospesi

una sommaria analisi del fenomeno in corso
con gli strumenti a disposizione
e la memoria il più impreciso di questi

la casetta di legno,
regalo alla mamma da un soggiorno in colonia montana,
con un ciuffetto di lichene sul tetto che per anni odorava di bosco,
con l’ometto e la donnina sulla porta:
separati ma tenuti entrambi sulla soglia
dall’assente umidità del soggiorno cittadino,
una coppia che non si poteva mai unire,
una convivenza proseguita nel buio della dispensa

il termometro montato sullo stipite esterno,
come un congegno sottomarino esposto sullo scafo,
nel suo cilindro di vetro e metallo
opaco ed ossidato e d’incerta lettura:
segnale per la maglia di lana, la sciarpa sulla bocca,
il berretto con il copriorecchie in testa

in penombra nell’ingresso,
un trittico di lancette misura tempo pressione umidità,
rilevati in stabile atmosfera casalinga
e non avverte le ricorrenti perturbazioni in arrivo
delle visite tra parenti

intanto mentre parlavo,
la bestia sospesa si è più volte rigirata sul fianco
e alzandosi con lentezza è sparita:
se ne scorge appena la coda che spunta oltre collina.

sabato 5 gennaio 2008


44_NEVE DI PASSAGGIO
(Genova, 5 gennaio 2008, sabato)

pubblicato su MeteoDiario

non ci sveglia più il chiarore
che si diffonde sottovoce dalle fessure,
ma sibili e schiaffi di pioggia e vento alle persiane

la neve è passata:
al mattino ha steso la sua coperta piumata,
smussato i contorni
uniformato il colore
attutito i rumori
e il giorno dopo ha messo in valigia
le sue abiltà ed è ripartita,
lasciando noi come uno straccio annerito
che s’inzuppa

nemmeno la neve si trattiene più del necessario
in una città di porto:
per sempre destinati ad ospitare viaggiatori in transito
che non disfano le valige,
appendono solo una giacca nell’armadio,
gettano nel cestino un biglietto del treno
con cui sono arrivati,
lasciano un pettine sul lavandino,
sul comodino una cartolina della riviera non spedita,
un depliant della nave su cui si sono imbarcati.

venerdì 4 gennaio 2008

dal balcone


43_NEVOSA UTOPIA
(Genova, 4 gennaio 2008, venerdi)

penso al povero geranio lasciato all’aperto:
per tutta la notte il sacchetto con cui l’ho protetto
ha sventolato frusciando il proprio disagio

ad altre piante ho dato urgente soccorso in casa:
se ne stanno strette in un gruppetto
di naufraghi confortati dalle coperte,
salvati dal gelo e ancora zuppi di neve

l’inverno a punizione:
con sarcasmo mia moglie commenta
l’apparire della vicina di fronte
che d’estate gira per le stanze in mutande
e ora si affaccia perplessa dietro la tendina
in una spessa vestaglia pelosa chiusa in ogni bottone

la presenza della neve ogni volta
m’induce in evasione:
uno stagionale fenomeno di acqua ghiacciata
influenza la mia ingenua fantasia
e seguo le impronte dei cani nella fanghiglia
come fossero tracce di bestie pelose nella tormenta
in un territorio inviolato

una pioggia maligna imperversa e crepita sui vetri,
una ignobile granita ristagna su tetti piani e terrazze,
una grigia brodaglia ribolle nel porto,
al passaggio di due scafi color di carota
che tirano un altro bluastro:
un tentativo di bellezza
che per qualche ora imbiancava le nostre colpe,
in città si avvilisce a squallida poltiglia.

giovedì 3 gennaio 2008

nella neve


42_LA NEVE DI PEDRO
(Genova, 3 gennaio 2008, giovedi)

pubblicato su MeteoDiario

spera Pedro che la neve non gl’impedisca
di ritirare la pensione,
così dice mentre beve il suo amaro della mattina,
vestito con la giacca sopra il cappotto,
il berretto coperto di stemmi e più anelli che dita:
una previsione che ieri diverte tutti nel bar,
in una giornata così serena

oggi, alle nove, la neve:
per noi cittadini costieri è un invito allo scherzo,
un gioco insolito degli elementi
in cui la collina testa rapata s’imbianca
e un granuloso fumo viene spinto a forza nella valle
e pure ci volano dentro i gabbiani,
fiocchi dello stesso colore

come la pioggia in raffiche
una fitta tenda di lino viene agitata,
appesa ad un bastone a monte
e con il bordo che sfiora l’acqua e annebbia i contorni

alla finestra ci trattiene l’incessante spettacolo:
per gli occhi un banale inconveniente di stagione,
nella coscienza,
una infinità di cristalli ognuno diverso tra loro
diventa la moltitudine di generazioni che si avvicenda,
con le parole,
un turbine che trascina
noi e Pedro, antenati e discendenti.

41_ACQUARIO
(Genova, 2 gennaio 2008, mercoledi)

distesi sotto una coperta ben rincalzata:
alla testa uno spiffero freddo e preciso,
ai piedi una sagoma sfumata di nave nella nebbia

sommersi senza nessuna evoluzione,
tanto vale far visita all’acquario:
all’ingresso pompati dal flusso umano in un condotto
e poi da ineluttabili addetti sospinti in posa e folgorati,
per la foto di benvenuto dietro una foca di peluche,
in smorfie di sorpresa o sorrisi estorti

è un pretesto per un ravvicinato contatto
con dei bipedi vocianti che scattano foto digitali,
spingono rotabili seggioline con cuccioli
in perenne contesa per cibo e bevande

per la nostra ricreazione si esibiscono
foche pinguini squali delfini,
in assoluta diversità ne contempliamo l’evoluzioni,
trascinando piedi e rotelle tra le vasche:
ci sconcerta la fissità dell’iguana sul ramo,
ci diverte il cipiglio del caimano che affiora
e non si avvede di essere visto inerme da noi
sotto il pelo dell’acqua,
ci stupisce il colore, la forma,
il minimo e massimo delle taglie di natura

così riconfermati parte cosciente del creato,
le altre specie nominate in latino e ordinate in tinozze,
alla nostra sostanza terrestre siamo riportati
quando ne usciamo:
una gelata pioggerella ci perseguita fino a casa
e annuncia che nella notte potrebbe fare di peggio.

martedì 1 gennaio 2008

primo tramonto



primo mattino


40_PRIMO
(Genova, 1 gennaio 2008, martedi)

il primo giorno dell’anno
si presenta in ritardo alla finestra:
con il mantello peloso che ha indossato nella notte,
ben stretto al collo verso monte,
mentre a mare scopre una sottoveste abbagliante

era uscito vestito da sera in velluto nero,
trapuntato di bottoni preziosi:
ritorna a casa con un cappotto in brandelli,
da cui pende scucito un lembo di pizzo a ponente,
che si trascina piovendo verso di noi

una giornata che ci scivola sopra con lentezza
e inzuppa i cartocci esplosi nell’euforia:
si ricomincia a contare da uno,
s’impara di nuovo a stare nel mondo

come arrivare dalla notte in un paese sconosciuto,
in cui dovremo prestare servizio per il prossimo anno,
con un bagaglio di parole pronte all’uso
per riferire le strane usanze
che da secoli vengono tramandate
e unirci alle feste tribali con il taccuino alla mano.