MISURA e TRASCRIVI

MISURA e TRASCRIVI

gennaio a Genova

gennaio a Genova

Nuvole

Nuvole
foto di Anna Ducci

LA SERA




LA SERA

Chiudi tu la persiana
su quest’altro giorno che passa,

io mi aggrapperò ancora
all’ultima luce vegliata,

anche alla più lontana,
come quella che tra poco
cadrà dall’orizzonte,

perché voglio ancora credere
che di questo giorno
ne ho ancora tanto da vivere.

(Anna Ducci)


venerdì 28 marzo 2008

Libretto

i testi di meteogenova (Gianriccardo Scheri)
pubblicati sul blog di Meteodiario
sono disponibili anche su carta
in un libretto che potete richiedere gratuitamente
inviando una mail con il vostro indirizzo a:

Traguardo e ripartenza

Al 21 marzo 2008
si conclude il viaggio
di meteogenova (Gianriccardo Scheri)
attraverso l'inverno.

Dopo 113 giorni e 115 poesie,
raccolte per esteso sul proprio blog
e in sintesi su quello comune di MeteoDiario,
l'inizio della primavera è stato raggiunto.

Ora l'esplorazione prosegue nella stagione seguente,
con un cammino più lento e notizie meno frequenti,
ma sempre con gli occhi aperti e il dito sul tasto.
Al 21 giugno !

lunedì 24 marzo 2008


Meteo Reading_3

Gianriccardo Scheri ( meteogenova )
e Enrico Mario Lazzarin ( meteosettimo )
presentano la raccolta dei testi finora scambiati,
con una video presentazione del blog poetico Meteo Diario
e una lettura in comune dei due autori alla

STANZA DELLA POESIA - Piazza Matteotti - Palazzo Ducale - GENOVA
Sabato 29 marzo - dalle ore 17,00


a cura di "La Primavera dei Poeti / Les Drôles"

115_NAVE ALLA FONDA
(Genova, 24 marzo 2008, lunedi)

una nave dallo scafo rosso
attende alla fonda il suo turno d’ingresso:
la prua è rivolta al mare aperto,
all’origine odierna del vento,
alla collana di nuvole
distesa in mostra nel vassoio azzurro,
sul velluto blù appese in vetrina

il porto nel giorno festivo è deserto,
le grù in riposo senza muovere gambe
alzano le braccia indicando il motivo:
un cielo sereno rallenta ogni lavoro

l’occhio vi si perde, la mano esita,
la volontà è dubbiosa:
l’esempio evidente della primavera
rende forzato qualunque dovere,
per un istante, si avverte che il compenso fornito
non può ripagare le ore in cui ci viene tolta
la visione di tale soffitto

forse basta poco per rendersene conto
ma di sicuro costa molto,
invertire la rotta prima di farsi trovare in banchina:
nella notte invece aver preso il largo,
gettare in mare il carico che ci avevano affidato,
ammainare le bandiere di nazione ed armatore,
issare sul pennone l’unico segnale
di non servire né dominare

veniamo da un passato di navigazione in obbedienza,
di ripetuti consigli all’orecchio,
di esemplari modelli mostrati all’equipaggio,
di comandi scanditi sul ponte,
di ordini diffusi fra gerarchie

da una gabbia di ferro,
trasferiti da poco in una vasca di vetro:
strisciamo sulle pareti osservando come fuori
si alterni il buio col giorno,
la stagione fiorisca, maturi e decada,
e nell’acqua sempre più torbida,
la nostra vita riflessa abbia sulla coda
un marchio stampato e un prezzo imposto.

114_CARTOLINA
(Genova, 20 marzo 2008, giovedi)

di carta blù lo sfondo,
come il cielo notturno per una luna di latta,
questo è l’aspetto del presepe animato,
dopo il tramonto:
un profilo traforato di casette a luce interiore,
un soffitto stellato di minuscoli buchi

un presepe senza ochette o mulini,
ma identico specchio di acqua stagnola
con le barchette ormeggiate sotto le grù,
una meccanica ma ben riuscita imitazione
del ciclico cambio di luce nella giornata

una cartolina che mi spedisco
con la data e la firma sul retro,
con i saluti dalla stagione conclusa,
da una città che ho visitato per tutto l’inverno

restando fermi sul posto,
in una tappa di viaggio nel tempo.

mercoledì 19 marzo 2008

113_LA MINIERA
(Genova, 19 marzo 2008, mercoledi)

per un attimo prima di aprire,
spio all’esterno tra i listelli della persiana:
la brezza e il chiarore
risale agli occhi dalle strette fessure,
con la schiena ancora nella penombra e nel tepore,
prendo fiato per affrontare
l’aria libera e la luce diretta

come sulla soglia di un buio corridoio
che sbuca nell’arena,
di una profonda miniera da cui risalgo in superficie
e all’uscita ritrovo
i cumuli di scorie, gli attrezzi in disuso,
il pesco fiorito malgrado la fucina sempre in moto

un ascensore nella notte ci porta sul fondo
ad estrarre fino al mattino un ignoto minerale,
che alla luce non rivediamo mai forgiato
in utile o nobile metallo,
né incastonato in prezioso gioiello,
nè ornamento di collo, né insegna di corona

un misterioso elemento
che ci abbaglia mentre lo stacchiamo a colpi di martello
e avvicinandosi alla luce decade
in opaca scheggia di misera pietra,
un inesauribile giacimento di parole
in cui scaviamo a vita.


112_ERBA COMUNE
(Genova, 18 marzo 2008, martedi)

il fico tenace rimette foglie,
malgrado aver subito le offese dagli accaniti passanti:
chi di mano ha strappato i rami più vicini,
chi si è sporto per colpire più a fondo,
chi di scala è salito per segarne il tronco,
chi si è messo d’impegno,
per estirpare alla fine l’intruso cresciuto nel muro

ma si può mettere radici e dare foglie fiori e frutti,
tener duro contro l’inverno e l’accetta,
farsi grande tra le pietre pur senz’avere della terra intorno:
anche essere posati dal vento e spuntare in un vaso trascurato
e come erba comune, alzarci e dire
rappresento qui per intero,
l’incontenibile primavera.

domenica 16 marzo 2008

111_NEL CORTILE
(Genova, 16 marzo 2008, domenica)

si calcia il pallone contro la rete di recenzione
che s’incurva e gemendo ribatte i colpi:
insistendo alla fine una maglia cede
e nel buco appare l’uscita

così vorremmo aprire un varco nel cielo velato,
rianimare la bandiera che pende,
lo smorzato entusiasmo in umido mattino,
far scendere il sole sul nostro gioco di cortile,
in un giorno di festa.

110_LA TAPPA ODIERNA
(Genova, 14 marzo 2008, venerdi)

a distanza di qualche coda un gatto insegue l’altro,
verso un richiamo di piatto, una mossa nell’erba:
così le nuvole in colonna col vento da dietro

come ciclisti in fila lungo il percorso,
della tappa odierna tra costa e collina:
come i pensieri che si rincorrono in competizione,
c’è chi non regge e si accosta,
qualcuno valuta forza e distanze,
tenta la fuga da solo e passa in testa,
mentre il resto del gruppo si snoda per i tornanti

quello che conta non è tagliare traguardi,
ma pedalare, cercando di spiegare a parole
ciò che si vede davanti alla ruota in corsa:
ogni tanto ci si volta per controllare gl’inseguitori,
poi si vola in discesa, asciugando il sudore
della salita superata

nel giorno che declina,
si beve un sorso e si piega la testa,
nella fatica di definire la meta che si allontana.

giovedì 13 marzo 2008

109_LIBERA MOSCA
(Genova, 13 marzo 2008, giovedi)

mi ha svegliato una mosca che ronza,
prigioniera per tutta la notte della mia stanza
e al chiarore dalla persiana picchia ora la testa nel vetro,
finchè non mi alzo a liberarla:
il mattino che ci aspetta fuori,
giustifica ogni tentativo di fuga

ora capisco l’insistenza dell’ospite forzato
nel cercare l’uscita:
la natura che si rinnova ci rende insofferenti
di ogni bavaglio di lana sulla bocca,
del colletto come guinzaglio alla gola,
dei bottoni che occupano tutte le asole
e ci rinchiudono in una pesante stoffa

il tumulto dilaga in tutta la città,
la folla scorre per le strade, s’ingolfa nella piazza,
preme alle porte dei palazzi, rifluisce nei vicoli:
vogliamo respirare un’aria non condizionata,
goderci all’aperto un sole in crescendo:
malgrado ogni periodo dell’anno sia utile allo scopo
e i precedenti storici che citano l’estate e l’autunno,
liberarsi in primavera è meglio.

108_VERNICE FRESCA
(Genova, 11 marzo 2008, martedi)

luccicano smaltati i tetti nel mattino,
per la notte che li ha verniciati:
si sentiva scorrere su ogni lato il pennello,
con passaggi incrociati

ora un vento a servizio ha richiuso i barattoli di pioggia
e sgomberato il cielo da ogni attrezzo:
c’è ancora qualche piccola macchia da togliere
sulle piastrelle dei terrazzi,
una pozzanghera sull’asfalto in ombra del cortile,
delle ringhiere che sfiorate incollano il dito,
ma la casa nuova per accogliervi è pronta

lo smeraldo del muschio sul muro inzuppato,
la pietra nera lucente per l’acqua trascorsa:
da un prezioso cofanetto di ambra in cespugli,
cosparso di perle in fiore con foglie di malachite,
scelgo il gioiello più adatto alla vostra bellezza entrante.

sabato 8 marzo 2008

107_ASSENZA DI VENTO
(Genova, 8 marzo 2008, sabato)

di panno, velluto e seta,
vestita di tutto punto e stesa,
la mattina in assenza di vento,
si concede una pausa di pioggia oziando nel grigio

scivola sul tetto lucido un timido silenzio:
si tace senza essere incalzati da un vortice di parole,
di foglie secche scovate nei bidoni e portate in giro,
di polvere sollevata in teorie,
di cartacce stampate disperse a raffica,
di medaglie di latta rotolate via

di gloriose primavere confrontate
con l’incerta imminente.

venerdì 7 marzo 2008

106_A SUO TEMPO
(Genova, 7 marzo 2008, venerdi)

due pieghe si rincorrono in cielo,
un grigio lenzuolo si rimbocca
sotto una più scura coperta:
un letto agitato da un vento scalciante
che per tutta la notte ci ha sbuffato all’orecchio,
tra un tonfo e un cigolio,
infilando sotto la porta un fruscio incessante,
un biglietto in cui si presenta ospite mattutino

tirata da monte, la tela poi si apparecchia
come balza ricamata di una tovaglia
che tocca il mare:
il vento urta e dal tavolo cade ogni arredo,
la strada è coperta di cocci di vaso,
i giardini di foglie morte resuscitate dagli angoli,
di fiori appena sbocciati e già sparsi,
di mimose che hanno smorzato l’anticipato lume

a suo tempo
aver desiderato che cambi non mitiga l’inverno,
aver mosso appena un passo ad una stagione migliore
non accelera il decorso della presente,
aver inneggiato all’opposta direzione
non ci risparmia di percorrere questa,
in tutta la sua desolata estensione.
105_SAX SOLISTA
(Genova, 6 marzo 2008, giovedi)

accanto al semaforo un ometto suona il saxofono:
un riflesso di ottone
rischiara il palo verde e lo spigolo grigio del muro,
due note di sole nel cupo rumore,
un timido solista in una orchestra dissonante,
un ingombro al passaggio, una richiesta evitata,
una scala dorata a cui giriamo le spalle
trascinando il passo

nella custodia di velluto alcune monete ripagano
il tentativo armonico di accordare col pessimo giorno,
le nuvole passanti.

104_TRAVERSATA
(Genova, 6 marzo 2008, giovedi)

mentre chiudo le persiane,
una nave si stacca dal molo:
entrambi avviati al viaggio notturno,
nella penombra della stanza sicura
e nel buio del mare aperto

nel pieno della notte mi alzo dalla cuccetta,
barcollo, esco dalla cabina, rientro,
riprendo la rotta nel sonno:
ci rigiriamo avvolti nei lenzuoli,
rolliamo per le onde,
con un braccio fuori bordo
o chiusi sottocoperta,
esposti sul ponte al vento di prua
o col piumino tirato sulle orecchie,
con il conforto della bussola navighiamo di vedetta
oppure ogni coscienza è perduta
come le luci della costa scomparse a poppa

in solitaria traversata o con equipaggio a bordo,
alla fine del tragitto conta
entrare in un porto nuovo
o almeno un po’ diversi alzarsi dal solito letto.
103_NUBI SUL MERCATO
(Genova, 5 marzo 2008, mercoledi)

e invece nella notte il tempo cattivo
ha ripreso il potere:
con un assalto nel buio di lampi a ponente
ci ha battuto a raffiche di pioggia,
poi dal vento ad altre conquiste sospinto

ci ha lasciato sorvegliati
da una guarnigione di nuvole arcigne in corazza,
con elmo piumato e un lungo mantello,
che trascinano con arroganza
sul nostro rassegnato rimpianto per un libero cielo

imprechiamo al tempo avverso
ben sapendo che poi muta in favore,
che ai lamenti succede il sorriso,
la brezza ci aiuta, le nuvole diventano alleate,
il sereno si espande

in un lungo ciclo si compensano
le perdite con i ricavi,
le fasi torride con l’epoche glaciali,
illusi da una naturale tendenza per cui
la crescita si alterna col declino

ma nel mondo degli uomini,
non vale l’attesa fiduciosa di un cielo benigno,
il rinnovarsi scontato delle stagioni:
da un violento temporale
procediamo a un peggiore uragano,
mentre un vortice di vento spinge le pale del mulino,
confidiamo che non esca la macina dal perno,
l’ingranaccio non si trituri i denti,
il sacco si colmi di farina sempre comunque.

mercoledì 5 marzo 2008


102_CONDANNA SCONTATA
(Genova, 4 marzo 2008, martedi)

scontata la condanna nel grigio,
esco dal carcere in un sereno mattino:
fuori dal portone nessuno mi attende
e m’incammino alla città

dall’orlo intorno al porto,
con lo sguardo risalgo le pieghe
all’azzurro sfondo che vi contiene:
un colletto bianco vi adorna le spalle,
una nuvolosa trina spunta sul crinale
dietro il campanile e il boschetto,
una vaporosa guarnizione
al collo del vestito verde che indossate,
con ricami fioriti e foglie appena cucite

quale migliore accoglienza
per un carcerato che ha espiato l’inverno,
incontrarvi sulla strada di casa:
liberato in primavera dall’ombra del vicolo,
alla vostra bellezza di rinnovato giardino.
101_ERRORE DI DRONE
(Genova, 3 marzo 2008, lunedi)

oppresso dalle nuvole senza spiragli,
leggo nella cronaca del giorno
che un pastore è stato ucciso per errore
da un automa volante che l’ha individuato
come obiettivo

ha interpretato come sospetto il suo comportamento:
forse era accucciato dietro un cespuglio
o in cerca di riparo sotto un ulivo,
impugnava un bastone o radunava a gesti il gregge
o imprecava contro il ronzio dal cielo

quando mi figuro un pastore,
alla memoria di bambino cristiano si presenta quello
che nel presepe avanza con l’agnello in collo:
poi dei soldatini di plastica verde assaltano la capanna
e ci lasciano attorno al bersaglio distrutto
come un branco tremante e sparpagliato
per la pietraia.

martedì 4 marzo 2008

100_AI BORDI
(Genova, 3 marzo 2008, lunedi)

trovo una vecchia foto di mio padre in divisa,
che monta la guardia ad una catasta di bidoni:
anche oggi nessun cielo si vede,
ma sentiamo il rombo sopra le nubi,
nel nostro ruolo di custodi del vecchio campo di aviazione

spunta l’erba nelle crepe della pista in disuso,
è sbiadita l’insegna sulla stazione,
lacera pende la manica a vento:
senza posare le ruote del carrello,
ci sorvolano a ondate gli anni

portano in pancia e sbarcano altrove
turisti, viveri e bombe:
seguendo col naso in aria i loro percorsi,
ci prendiamo la pioggia e il destino che viene.
99_BALZO TIGRATO
(Genova, 3 marzo 2008, lunedi)

scende di corsa il gatto per la scaletta
e si ferma al cancello sbarrato,
s’impenna sul muro, scavalca le punte,
passa il confine:
non c’è ingresso o via d’uscita che sia preclusa
ad un balzo tigrato nell’altrui giardino

beato colui che può sfuggire ad un limite imposto dall’alto,
alla pesantezza del cielo di latta e stagno,
al proseguire dei giorni sotto un tetto di capannone,
al chiarore filtrato che ci accompagna
dall’entrata alla partenza

che può saltare il muro di cinta,
passare da un buco nella rete:
per quanto sia stretto,
infila il capo e il corpo lo segue,
spinto dalla voglia o dal progetto,
magari ci lascia un ciuffo di pelo ma era giusto provare.


98_BATTAGLIA PERDUTA
(Genova, 2 marzo 2008, domenica)

forse la notte ci ha salvato da un altro giorno di pena:

ha prosciugato una pozza della palude in cui ci aggiravamo
creando una lingua di terra dove asciugare,
un meno fradicio avamposto

comunque la battaglia non è finita
e il vento non si è schierato a nostro favore:
una minaccia fumosa ora si addensa
e strisciandoci incontro dal mare,
si appresta a stringerci al collo una sciarpa di lana
che tiene tesa fra le mani

siamo reduci di una lunga campagna invernale
di assalti frontali e subdole manovre,
un assedio ripetuto di tende nere accampate,
di sortite in azzurro a bandiere spiegate
e precipitose ritirate al sicuro, traditi dal vento,
di marce forzate per sfuggire al diluvio incalzante

chiusi dentro le mura alla fangosa marea che risale,
segnamo sulla carta le posizioni perdute,
a calendario le giornate accerchiate,
a quaderno i tempi remoti,
il verbo presente, il condizionale futuro.

sabato 1 marzo 2008

97_COPERCHIO
(Genova, 29 febbraio 2008, venerdi)

un terreno bagnato ma di una pioggia trascorsa,
un cielo velato ma di vecchia tela smagliata,
un giorno identico al precedente
stagnante sul fondo del catino,
corroso in più punti da croste di ruggine,
il bordo smaltato sbavato di muffa

sembrava che la notte ci avesse preparato
una via d’uscita:
ieri sera da un’asse schiodata s’intravedeva il sereno
oltre la staccionata,
ma questa mattina lo strappo è ricucito,
il varco riparato senza fessure,
la vetta delle antenne affonda nel pelo
che ricade sulla collina,
l’occasione di fuga rimandata

battendo le otto la campana sovrasta ogni rumore,
smette di friggere il neon sulle scale,
un coperchio imperlato di gocce
rimane chiuso sopra una pentola che ribolle.