LA SERA
LA SERA
Chiudi tu la persiana
su quest’altro giorno che passa,
io mi aggrapperò ancora
all’ultima luce vegliata,
anche alla più lontana,
come quella che tra poco
cadrà dall’orizzonte,
perché voglio ancora credere
che di questo giorno
ne ho ancora tanto da vivere.
(Anna Ducci)
(Genova, 29 marzo 2010, lunedi)
490_SUL COLMO DEL TETTO
mi scrivi:
"cosa c’è sul colmo del tetto?
un gatto sbiadito, un uccello di passo,
uno straccio volato via?"
una macchia di pelo su piano inclinato,
un ricordo che cade sul fondo e non affiora,
una foto confusa con facce lontane
prive di nomi e anno sul retro,
un pianeta in cielo scrutato senza lenti
l’attimo prima di chiudere fuori la notte
date allineate, mete mai raggiunte,
i ricordi sono tacche incise:
più sono nette, meglio si misura
la lunghezza di legno che rimane
la regola del progresso è il timore della fine:
per questo
preferisco tenere la memoria in disordine,
epoche diverse attorno, fogli dispersi,
simboli senza chiave, oggetti di uso incerto..
(Genova, 27 marzo 2010, sabato)
489_VESTITO DI NERO
vestito di nero un signorino canta,
da un ramo a uno spigolo di tetto
emersi dalla notte,
ci tiriamo ad asciugare in terra
come il tetto incatramato che vedo lucido di pioggia,
scafo trascinato nel profondo della valle,
chiglia rovesciata in ostaggio alle nuvole,
barca che l’acqua non tocca se non dal cielo
canzone di merlo in cerca di compagnia:
dal corpo arenato,
lo sguardo spicca il volo e si posa intorno..
(Genova, 23 marzo 2010, martedi)
488_INDAGINE
come spicca il gatto grigio
al centro dell’erba nuova
o quello rosso al culmine
del tetto di ardesia:
poi con un balzo di entrambi
si ripristina il colore uniforme,
il giorno riprende il cammino a due gambe,
la scena il suo ordine apparente
la risata di un gabbiano
nel suo giro di ronda
conclude l’indagine sul mattino:
scomparse le tracce,
confuse le impronte,
complesso da decifrare il movente..
(Genova, 20 marzo 2010, sabato)
487_AL MUSEO DELLE PRIMAVERE TARDIVE
proprio quando credevamo di poter indossare
un abito diverso,
ci ritroviamo ancora vestiti di grigio:
con un grembiule addosso di tela pesante
che ci avvolge per intero
e ci umilia in divisa da custode
al museo delle primavere
che hanno tentato di prendere il potere,
per poi ricadere nell’ordine
appena sconfitto
o perdere fiori e frutti nel passaggio
all’estate rovente che segue
storia di bandiere riposte in silenzio
perché sventolate per entusiasmo o illusione
troppo presto o in ritardo
ma comunque fuori stagione
esposizione permanente
di opere incompiute del desiderio,
ribelle a equinozi e calendari..
(Genova, 17 marzo 2010, mercoledi)
486_LA VEDETTA
un gatto è annidato sull’albero,
nel palmo dei rami sospeso sul giardino:
vedetta bianca e nera,
quel fumo di cannoni è primavera che avanza
o l’inverno che brucia i suoi rami
mentre si ritira?
è l’ultima cenere sulla città
prima ch’entrino le bandiere,
sono le ferite ancora da subire
per essere un’altra volta liberati,
perchè finisca la guerra d’inverno contro di noi,
il merlo canti vittoria sul ramo vicino,
esca il verde a sventolare giallo e rosa
dai suoi rifugi..
(Genova, 17 marzo 2010, mercoledi)
485_TRE NAVI
una nave alla banchina,
un’altra in attesa oltre la diga
e ancora una in lontananza,
sagoma scura nella foschia
tre date disposte in sequenza
segnate sui prossimi calendari,
giorni precisi ma senz’anno indicato ,
scadenze di cui non si ricorda l’impegno
che le ha stabilite
confinati in un porto presente
attendiamo le prossime navi:
si distingue il nome dei fatti
quando è già troppo vicino
e la forma intravista poi non corrisponde
allo scafo reale
per quanto si spinga lontano la memoria
o in avanti la previsione,
la vista trema e il contorno si confonde:
ci troviamo ingombri di un carico inatteso
o magazzini vuoti di promesse mai sbarcate..
(Genova, 11 marzo 2010, giovedi)
484_VENTO
che azzurro intenso
nel secchio ha versato questo vento,
pulendo a dovere il cielo
che vi si riflette
che pelo d’acqua increspato,
che ciuffi bianchi sull’onda che lo contrasta:
come tiene per aria i gabbiani di vedetta
e agita i passeri che si tuffano nei cespugli
che brivido s’infila nel collo
quando la sua gelida mano ci sfiora
e ci abbraccia tutto il corpo:
come sulla strada ci spinge contro l’inutile carta
e la polvere dei giorni
che armadio spalanca per vestire di luce la città
e brillare negli occhi nostri
di colore innondati:
come s’indora di vetri
e negli orti, di alloro si corona
dentro un ordine in declino,
annunci di primavera..
(Genova, 10 marzo 2010, mercoledi)
483_DAL PONTE
questa mattina sotto una neve pungente
ho risalito il fiume
un sentiero tortuoso di acqua
tra due larghe sponde
dall’aspetto e colori del pelo di cinghiale:
di erba gialla sui fianchi,
di rovi bruniti dal gelo,
con ispidi ciuffi di canne piegate sul dorso
e macchie di fango e foglie impigliate
mi fermo appiedato a valutare dal ponte
la tranquilla fermezza delle anatre a galla
contro vento e corrente:
come tra opposti elementi che gli scorrono intorno,
navigano sicure
a becco chiuso e senza piume scomposte.
.
(Genova, 9 marzo 2010, martedi)
482_LA TARGA
oggi ad un incrocio di periferia
ho sbagliato direzione
e mi sono perduto in una strada
che termina sul greto del fiume
per una manovra errata sfioro il passato
tra vecchi palazzi popolari,
costruiti alle spalle di fabbriche ora scomparse:
macigni quadrati lasciati del ritiro dei ghiacci
e poi dal corso della natura
di nuovo circondati da capannoni evoluti
in moderni mercati
nel tentativo di tornare a tempi moderni,
mi trovo di fronte una targa sul muro
che ricorda come da quella casa è iniziata
la rivolta che ha liberato la città
una riunione segreta a inizio primavera,
forse in un inverno che come questo finiva
con un gelo cattivo e irriducibile,
che ti vuol colpire ancora fino all’ultimo giorno,
ti sorveglia e attende
in agguato ad ogni angolo di strada
esci da casa con questo vento
e non sai se ritorni,
t’incammini sotto il grigio pesante di un cielo
con stivali e divise,
ti sembra che quest’inverno non stia mai per finire
e che la primavera non venga,
se non scendi a liberarle la via
e che non vorresti, ma non c’è altro da fare:
ad un certo giorno devi scegliere
in che stagione vuoi stare..
(Genova, 6 marzo 2010, sabato)
481_AVANZO DI LUNA
mi alzo e ti saluto,
avanzo di luna, mezza moneta,
bottone che appena spunta da un’asola di azzurro:
ti guardo svanire
sorriso nel ricordo, carezza trattenuta, parola non spesa
in polvere troviamo nel forziere
occasioni accantonate,
anche ragioni che ci agitano il sonno
ora sbiadite al sole di concreti argomenti,
certezze notturne che cambiano il mondo
derise al giudizio del giorno,
illusioni che ci hanno convinto
velate dalla tenda che nelle ore
s’infittisce e le nasconde:
nella notte sposi di una idea,
alla luce desolati dal posto vuoto al fianco
mi siedo e ti scrivo, luna mai apparsa
per chi troppo dorme
o guarda solo a terra..
(Genova, 4 marzo 2010, giovedi)
480_FUNICOLARE
è la vecchia funicolare una scatola rossa
che cigolante lascia indietro gli ultimi palazzi
e risale la rimanente pendenza della collina
tra sassi, rovi e ginestre
aiutandosi con la propria corda,
più volte ogni giorno affronta la fatica
del consueto percorso:
come siamo in bilico anche noi,
a stento trattenuti sul solito binario
ma inclini al rischio di una ruota in fallo,
vagoni di latta esposti al dente che non ingrana
e al freno che si allenta,
destinati al capolinea da cui per un guasto
infine non ripartiamo
eppure il suo stridore di metallo
mi accompagna nelle stagioni:
nell’ultima corsa contro la bufera di neve
o d’estate quando si unisce al concerto di rane
così nel suo breve intenso sforzo ci solleva
dal nero della galleria alla vista dei tetti,
dal rumore imperante
a un sospiro di vecchio strumento
per la gloria distesa del golfo..
(Genova, 3 marzo 2010, mercoledi)
479_RITIRATA
mi sveglio al battito della scopa
contro la parete delle scale:
oggi è il giorno di pulizia,
in cui una parte del mondo accudisce
l’altra che dorme ancora
all’annuncio di ieri non è seguito l’arrivo
di un’altra bella giornata
e si rimane in stazione
a tendere l’orecchio al binario
la strada è bagnata
ma l’aria è più morbida
e non ci si ritrae subito dalla finestra:
si resta più a lungo a cercare un indizio,
una foglia che prima non c’era,
un discorso fra gatti sulla china del tetto,
i nuovi suoni di uccelli spuntati
dal silenzio d’inverno che ci copriva,
le piccole fiamme di mimosa
accese a fianco della sua ritirata..
(Genova, 2 marzo 2010, martedi)
478_TREGUA
un mattino senza minacce dal cielo,
di pacifico sole sui tetti colpiti
da un’altra battaglia notturna:
un lunghissimo braccio di grù
s’impegna nella ricostruzione di un muro,
l’erba nel ricrescere fra le rovine,
un’aria più tiepida a guarire le ferite
per noi usciti sulle soglie dei rifugi,
una tregua nel conflitto di stagioni,
uno stretto passaggio s’un confine conteso:
lasciamo cappotti e coperte
per indossare più leggere divise,
disposti a perdere le macchie severe di un bosco nella neve
e prendere l’aspetto di un tenero verde,
perfino a spogliarci nudi
sui prossimi campi
un esercito che si adegua
ad ogni cambio di strategia,
che crede di dominare il mondo
e ne subisce il minimo sussulto..