MISURA e TRASCRIVI

MISURA e TRASCRIVI

gennaio a Genova

gennaio a Genova

Nuvole

Nuvole
foto di Anna Ducci

LA SERA




LA SERA

Chiudi tu la persiana
su quest’altro giorno che passa,

io mi aggrapperò ancora
all’ultima luce vegliata,

anche alla più lontana,
come quella che tra poco
cadrà dall’orizzonte,

perché voglio ancora credere
che di questo giorno
ne ho ancora tanto da vivere.

(Anna Ducci)


lunedì 20 ottobre 2008


(Genova, 8 ottobre 2008, mercoledi)_277
ARRIVI #51 (l’insegna)


L’insegna verticale sullo spigolo del palazzo,
lampeggiava dietro i vetri
con un ronzio pulsante
cadenzato da soffocati schiocchi


per il cielo avverso o la stagione inoltrata,
per il luogo situato in una regione interna
o il giorno declinante,
la notte era imminente sulla città

guardando nelle due direzioni della strada sottostante,
in tutte le insegne almeno una lettera era spenta,
anche nel nome dell’albergo
in cui aveva preso stanza

riunite dallo sguardo,
queste mancanze formavano una parola,
una frase composta da lettere in ombra,
che risaltavano per assenza
nello splendore dei neon contro il buio calante.

(Genova, 8 ottobre 2008, mercoledi)_278
ARRIVI #52 (la borsa)


Rientrò in camera per salvare nell’agenda
la parola dedotta dalla lettura delle insegne


come bagaglio aveva solo una grossa borsa nera
ancora chiusa e piena,
adagiata sul tappetino ai piedi del letto:
ne tastò i fianchi rigonfi,
infilando la mano a cercare
lo spigolo rigido del quaderno

non amava trascinare valigie su ruote cigolanti
che gemevano e sobbalzavano
sul marciapiede sconnesso,
torcendogli il braccio per mantenerle in piedi
sul corretto percorso:
animali al guinzaglio che s’impuntavano,
inciampando alle spalle

da qualche parte aveva letto
che già esisteva un modello di valigia
in grado di seguire il proprio padrone
senza vincolo di maniglia
ma per un legame di segnale radio al suo polso
e con autonoma elettrica capacità di moto,
dotata di memoria e voce,
per ripetere l’identità del proprietario
e il suo recapito in caso di smarrimento

rabbrividì al pensiero di quei bagagli dispersi,
che per giorni si lamentavano
nei depositi di stazioni e aeroporti,
invocando il loro compagno di viaggio.


(Genova, 8 ottobre 2008, mercoledi)_279
ARRIVI #53 (poca luce)


Seduto al minuscolo tavolino di fronte alla parete,
tra il fianco dell’armadio e la tenda della finestra,
cominciò a scrivere i dati ricavati
dall’osservazione appena compiuta


nessuna fonte di luce nella stanza
era adatta a quella occupazione:
la plafoniera al centro del soffitto
emanava un chiarore velato di pallido sole sospeso,
una lampada col cappello ben calzato,
rischiarava dal comodino appena il bordo del cuscino

solo il riflesso dei lampioni dal basso,
lo splendore dei nomi sopra i negozi,
i fari delle auto incessanti,
ricadevano dal soffitto sull’angolo in cui era chino.

(Genova, 8 ottobre 2008, mercoledi)_280
ARRIVI #54 (la serie)


Con l’agenda in mano uscì sul balconcino,
per verificare la corretta interpretazione
del precedente evento


proprio in quel momnento
l’insegna sulla facciata di fronte
diede segni d’instabile vita luminosa:
una lettera più volte si accese e smorzò,
per rimanere infine spenta

allargando la visuale lungo la strada,
si accorse che il fenomeno si ripeteva
in altre scritte luminose,
finchè in qualche minuto la situazione si stabilizzò,
mostrando un’altra serie di lettere oscure
per una nuova frase da decifrare

come in un ciclico mutare di giorno in notte,
più volte registrò il sorgere, comporsi e declinare di parole,
senza potersi staccarsi dalla ringhiera e rientrare

finchè il traffico diradò nella via,
qualche negozio spense titolo e vetrina,
e la pagina fu piena d’incerta scrittura.


"Vizio del superlativo" di Carlo Ozzano

Vizio del superlativo

Ho sempre pensato
modo e maniera per ingannare il tempo
passare sotto silenzio
e se potesse farlo sembrare uguale al pezzo che si è rotto.
Rompere è peggio e pessimo e seme
è la natura che geme
matura poi preme in un verso.

Stomaco fatto di cartone
ma nulla in funzione di
(quella cosa lì)

Non esistono questioni di principio nè opinioni
nè mi farò coinvolgere
da qualcosa di così millimetrico da somigliare alla morte
oppure persone come alberi da scuotere per far scendere i frutti.
Eppure persone come alberi da scuotere per far scendere i frutti
il cui fascino si irradia potente e irresistibile
in cui fascino organizzato sotto forma di sole è riserva
per quale oscurità per quale minaccia.

Invece sempre un sottile godimento
nel vederlo rimanere lì
(perchè una Vita da superlativo
per un supernativo di lì?)
sentimento elettivo e rispetto
alla bruttura del creato-natura:
se porto rancore a corpo morto (per ora)
sepolto rancore o corpo morto per ore depura.
Etienne Cabet: quel che c'è di vizio in un indizio
di maldicenza, cui non si può fare senza,
è ciò che mantiene realtà nelle vene
oppure opposte misure a protervia conserva
se congettura è reato che contro corpo-natura-creato congiura.

Cosa credo di aver dimostrato
chiamandomi fuori
ridotto ai minimi termini
(cosa che credo di aver dimostrato...)

A un certo punto trovammo di che collidere.
(E se potessi farlo sembrare uguale al pezzo che si è rotto?)
E tutto l'Universo lontano.
Terra bruciata.
Mi farò vivo io.

(Carlo Ozzano)

lunedì 13 ottobre 2008

MeteoDiario a Chivasso

"I LUOGHI DELLE PAROLE 2008"
Festival Internazionale di Letteratura
Città di Chivasso e Settimo Torinese

domenica 12 ottobre ore 17,30
Teatrino Civico - CHIVASSO
“MeteoDiario il blog”

Enrico Mario Lazzarin e Gianriccardo Scheri presentano i loro blogs


giovedì 9 ottobre 2008


(Genova, 7 ottobre 2008, martedi)_271
ARRIVI #41 (nella busta)

Nella busta che aveva ricevuto per posta quella mattina,
era contenuta una tessera magnetica
di una primaria banca,
ma nessuna istruzione

più tardi in un messaggio sul cellulare
comparve un codice di cinque cifre:
per compiere l’operazione,
preferì uno sportello poco frequentato
di un’agenzia periferica
all’ora di pranzo

l’unica funzione ammessa digitando il codice,
era una richiesta d’informazioni sul conto
e il tagliando stampato che ne scaturiva,
invece di prelievi e accrediti,
riportava delle date di giorni a venire,
con orario e luogo in cui doveva trovarsi:
questo era il modo scelto per proseguire
il contatto.
(Genova, 7 ottobre 2008, martedi)_272
ARRIVI #42 (in chiesa)

Il primo appuntamento era fissato
in una chiesa del centro

a quell’ora del pomeriggio,
una luce abbagliante riempiva il fondo
della piccola piazza:
tre lati di alte case medievali
e una facciata di neoclassico dissonante

entrò e rimase sul fondo,
per abituarsi alla penombra dorata
che dal soffitto a nuvole barocche,
scendeva lungo le colonne
di pietra nuda e capitello fogliato,
sul pavimento bianco e nero di lastre
e pietre tombali consunte

più avanti nella navata,
c’era una donna seduta ad un banco
con il capo velato di nero

a un tratto si alzò e a testa china raggiunse
un altare laterale in ombra:
avvitando le lampadine, accese delle candele votive
con lunghe pause forse di preghiera
o per attrarre meglio la sua attenzione

una moneta cadde e risuonò nella scatola vuota di metallo,
poi la donna uscì da una porticina,
nascosta fra le colonne

allora si avvicinò all’altare illuminato
e trascrisse sul taccuino
la serie di numeri che la posizione delle candele accese
suggeriva rispetto a quelle spente

mentre verificava altre possibili combinazioni,
restò a fissare le luci,
insieme al secondario santo che dal quadro
guardava stupito l’insolito chiarore
davanti al suo trascurato altare.

(Genova, 7 ottobre 2008, martedi)_273
ARRIVI #43 (sulla scala)

Per il secondo incontro, il luogo indicato era
la sommità di una ben precisa scalinata

di fronte all’antico palazzo
già ospizio per vecchi e ora in disuso,
da tempo avvolto da ponteggi e transenne
d’incompiuto restauro

dalla balaustra nell’attesa si affacciava
sul viale alberato che in salita
dritto giungeva sotto di lui
e poi divergeva in due simmetriche rampe
a tornanti fino alla sua quota

dalla strada alcuni gradini scendevano a un piano,
da cui due scale si dipartivano
in opposte direzioni

in fondo,
un uomo era fermo al primo gradino,
con accanto un sacco rigonfio:
vestito in modo dimesso
e con un berretto calcato che ne celava l’aspetto,
alzò la testa a sincerarsi della sua presenza

iniziò poi a salire
e a disporre su gradini diversi
delle bottiglie vuote estratte dal sacco

raggiunto il piano che congiungeva le due scale,
cominciò la discesa su quella opposta,
deponendo ancora bottiglie fino al termine
e quindi si allontanò, senza più voltarsi.
(Genova, 7 ottobre 2008, martedi)_274
ARRIVI #44 (le combinazioni)

Restò da solo a guardare dall’alto
il risultato dell’operazione:
ogni gradino
era formato da una unica lastra di granito rosa
e su alcuni
le bottiglie di vetro verde in piedi,
tutte uguali nella misura
senza marchio e tappo

cominciò a contare i gradini
e a segnare sulla pagina
la posizione delle bottiglie

ne risultava una serie di numeri in progressione
oppure di lettere a formare una parola
ma l’effetto era simile
a quei pannelli alfabetici
esposti nella vetrina dell’ottico,
usati per distinguere lettere isolate
senza riunirle in un senso

o forse la chiave era una frase musicale,
con i gradini come rigo sullo spartito
e le note in forma di bottiglia

mentre scendeva,
tentando le più astruse combinazioni
alfanumeriche o tonali,
un anziano che dopo di lui aveva imboccato la scala
cominciò ad inveire,
contro la sciagurata usanza odierna
di spargere ovunque cocci di vetro
sul passaggio altrui

infatti raccolse le bottiglie e le gettò nel recipiente
dedicato al vetro ai piedi della scala,
cercando nel suo sguardo l’approvazione
per l’ordine che veniva ricreato,
ma lui abbassò la testa e si affrettò
lungo il viale.

(Genova, 7 ottobre 2008, martedi)_275
ARRIVI #45 (al binario 18)

Al binario 18 non c’era nessun passeggero in attesa
e nemmeno un treno previsto in arrivo,
ma quello era l’ambiente stabilito
e l’orario preciso

la stazione era in restauro:
i vecchi tabelloni a caratteri componibili
disposti lungo i binari,
stavano per essere sostituiti da schermi al plasma,
che già in funzione visualizzavano
incessanti sintetici filmati
promozionali

le scatole grigie di metallo degli avvisi,
appese in alto alle colonne della tettoia,
erano invece ormai inattive
e conservavano scritte incomplete e casuali
di provenienze e destinazioni
sotto forma di anagrammi e righe di consonanti
impronunciabili

e su quel binario le lavagne a lamelle
erano tutte cieche:
poi all’improvviso iniziarono a ruotare vorticosamente,
in un ticchettio di palpebre meccaniche sbattute
e poi a riposo, mostrando una lettera ognuna.
(Genova, 7 ottobre 2008, martedi)_276
ARRIVI #46 (nell’atrio)

Ora percorrendo il binario,
poteva leggere in ogni tabella una parola
e comporla in una frase logica:
almeno così gli pareva,
mentre le trascriveva in fretta,
arrivando in fondo alla pensilina
dove le rotaie lasciano il marciapiede
e s’infilano in galleria

mentre tornava indietro,
con un’altro mulinare di pale
le tabelle si riportarono
al loro precedente vuoto stato inattivo

impegnato nel decifrare il testo che aveva raccolto
scese nel sottopassaggio,
mentre un flusso contrario di viaggiatori lo risaliva,
incitato dagli annunci a cambiare binario,
per l’imminente arrivo del treno
già segnalato in ritardo

emerso nell’atrio,
venne scelto fra i presenti come destinatario
di uno sconnesso discorso,
che un vagabondo abituale ospite della stazione
gli rivolse ad alta voce venendogli incontro:
non meno oscuro della frase copiata sul binario,
non meno allusivo della vicenda in cui era coinvolto,
non meno increscioso del segreto custodito
fra le pagine.

martedì 7 ottobre 2008


(Genova, 5 ottobre 2008, domenica)
270_MARE MOSSO

da tempo increspato in orizzonte,
il mare ora giunge di corsa sulla scogliera
e con ripetuti balzi la scavalca:
sulla diga al riparo dell’opposto versante
gli spruzzi ci sfiorano la testa
e ricadono in crepitio nelle pozze sul cammino

legati al molo dondoliamo,
strusciando i fianchi a vicenda
al maestrale che sbarra l’uscita,
cigolando ci scambiamo opinioni
di barchette alla catena

le vele ripiegate di una stagione conclusa,
la cerata sullo scafo tirata in fretta,
le cime aggrappate all’ormeggio:
nessuno azzarda manovre fuori dal porto,
in attesa che cambi la tendenza mondiale del vento.

"Gondwana" di Fludd a Settimo Torinese





GONDWANA
reading video musicale del gruppo Fludd

sabato 27 settembre 2008
Ecomuseo del Freidano
Settimo Torinese (TO)

per la 15° edizione di POESIA VAGABONDA
a cura dell’Associazione Culturale ”Due Fiumi”

“guardo una mappa in cui la terra emersa
è riunita in un solo blocco:
mentre sognamo il villaggio sicuro
che ci protegga dal mondo,
la deriva dei continenti si evolve a ritroso
in unico mercato.”

testi e regia di Gianriccardo Scheri
musica composta ed eseguita da Marco Cacciamani
filmati di Cacciamani e Scheri
object tale di Angela Mambelli

mercoledì 1 ottobre 2008


"(C)loudness" di Fludd nella Notte Bianca a Genova





(C)LOUDNESS
sensazioni di nuvole

reading videomusicale di Fludd e silenziodigitale
sabato 13 settembre 2008
Piazza Truogoli di S.Brigida - Genova

come le nuvole che mutano forma ogni istante,
due momenti in cui si ricombinano in modo diverso
gli elementi di parole, suono, video:
una lettura poetica con musica elettronica dal vivo e proiezioni.

testi di Gianriccardo Scheri
musica di Marco Cacciamani e Giacomo Grasso
immagini elaborate da Cacciamani, Grasso, Scheri
object tale di Angela Mambelli

a cura della Libreria Finisterre e del Consorzio Vivere Santa Brigida