LA SERA
LA SERA
Chiudi tu la persiana
su quest’altro giorno che passa,
io mi aggrapperò ancora
all’ultima luce vegliata,
anche alla più lontana,
come quella che tra poco
cadrà dall’orizzonte,
perché voglio ancora credere
che di questo giorno
ne ho ancora tanto da vivere.
(Anna Ducci)
96_VIAGGIO NOTTURNO
(Genova, 28 febbraio 2008, giovedi)
una figura intera nel riquadro della finestra,
un ritratto in piedi nella cornice,
prima che la luce sia strisce di persiana:
buonanotte sconosciuti passeggeri ai vetri
dei treni allineati sul binario della via
a semaforo verde, scambio aperto, libero segnale,
con vapore senza freno di valvola,
corre il convoglio dormiente
a elevata velocità trapassa stazioni deserte,
apparse a lampi di neon e confusi cartelli
tirate le tendine, coricati sui sedili,
il viaggio notturno col biglietto sotto il cuscino
prosegue nel buio delle ore più fonde,
lasciandosi dietro per tutto il cielo
una frase di nuvole bianche a sbuffi di fumo.
95_RASATURA
(Genova, 27 febbraio 2008, mercoledi)
nella foschia, la collina s’incipria di rosa e perla,
dietro il velo si diffonde
una peluria di tenerissimo verde:
al passaggio della mano, il mento ispido
mi riporta alla periodica cura
radersi la barba è l’occasione
per misurare quanto di se stessi ancora è sopportabile,
così costretti a guardarsi da vicino:
un rivolo d’acqua scorre a clessidra,
il rassoio avanza nel campo di sapone,
la mente divaga tra ricordo e futuro
con le smorfie per tendere la pelle,
per disporre il pelo nel verso più adatto alla lama,
esaminare con precisione i casi propri e i destini del mondo,
in alternato studio delle guance
mentre nello scarico scivola la schiuma con obblighi e piaceri.
94_ANIMA E ACQUA
(Genova, 26 febbraio 2008, martedi)
dalle nuvole la minaccia oggi non si avvera
e non dal cielo ma in bagno,
scorre l’acqua e poi gorgoglia nello scarico:
ci ha lavato le mani, gli occhi e il viso
e con i liquidi giorni scorsi
per i profondi tubi si congiunge nella cisterna
sudore, lacrime, sangue, seme:
con pena o piacere rilasciamo l’acqua di cui siamo composti,
che sgorga e fluisce da un organo,
spinta all’esterno da un moto interiore:
immersi in un ciclo che ci percorre l’anima e fuori disseta il corpo,
la conseguenza idraulica delle nostre emozioni,
cola e si disperde in mare.
93_LAMENTO DI VIAGGIO
(Genova, 25 febbraio 2008, lunedi)
un gatto in viaggio miagola sommesso nel cestino:
la ragazza che lo porta sulle ginocchia
prova a consolarlo ma lui intimorito dalle circostanze,
non si rassegna
viaggiamo reclusi fra estranei compagni di cella,
in una prigione su ruote che porta ognuno a destino:
sconfitti dal peso del cielo sulla giornata,
per lo scirocco a spalle curve e occhi stanchi,
quel lamento in gabbia
ognuno si sente salire in gola
non attendo la fermata più adatta
e scendo in anticipo per sfuggire al perdurare della pena:
nello sguardo dell’animale dietro la rete,
per un sofferto momento, ci riconosciamo deportati ai nostri doveri,
come sempre ci vediamo riflessi nel rimpianto,
a cui la ragione non consente di esprimere suono.
92_AVARIZIA
(Genova, 23 febbraio 2008, sabato)
un gatto ben vestito, sopra di grigio sotto di bianco,
corre veloce sul bordo del muretto,
scende le scale, raggiunge il piatto:
d’identico pelo il cielo si riveste,
risale dal mare lungo il crinale,
nella foschia ci scodella il pasto del giorno
in verde, giallo, arancio e rosa,
un accordo di bucato nello stesso palazzo
ha steso i colori mancanti
e più lontano dei rossi appesi, un azzurro, del viola:
oggi restituiamo a brandelli le tinte ricevute in passato
senza risparmio di qualità e metraggio
come fazzoletti caduti dalle maniche
del severo vestito accollato che sfoggiate,
un monocromatico capo del vostro prezioso guardaroba,
un mantello di cenere sotto cui ci tenete
umiliati nella nostra avarizia.
91_INVASIONI BARBARICHE
(Genova, 21 febbraio 2008, giovedi)
Giuliano abita dove la città finisce nel bosco
e in queste mattine intenerite da un sole più ardito,
una famiglia di cinghiali lo viene a trovare:
s’incontrano con tacito accordo
attorno alla borsa di pane secco,
in una radura tra lecci, rovi e ginestre,
una terra di nessuno sul confine
tra bipedi evoluti e selvatici a quattro zampe
ma i vicini hanno paura di quest’amicizia:
ci si appella ai consoli, giungono i centurioni,
si applica una legge che vieta simili confidenze
tra umani civili e barbari maiali
come afferma un tribuno sulla stampa locale,
la storia insegna che si comincia sfamando i cuccioli
e si finisce con il senato deposto fra i grugniti.
90_GIORNO PENSIEROSO
(Genova, 20 febbraio 2008, mercoledi)
un occhio azzurro
tra una palpebra accigliata
per un poco ci osserva e poi si richiude
una fronte increspata di rughe riflette
su che tipo di giornata ci meritiamo
e conclude per un passaggio alternato di pensieri
che ora incupiscono e dopo diradano
in uno spiraglio di chiaro
l’intero concetto nelle ore seguenti
si sviluppa in gradazioni di grigio
e si conclude da uno strappo
con una raggiera dorata
nel cielo che si oscura ci affidiamo
all’argomento esitante di una piccola nuvola bianca
che in disparte si corica e sogna.
89_NEVE A NOVI
(Genova, 17 febbraio 2008, domenica)
chiazze di neve a novi ligure,
sui fianchi del treno che pettina
un pelo di erba giallastra e ciuffi bruni:
salgono tre amiche in discesa verso la costa
e si augurano di non trovare troppo
di quel fastidioso vento
ma comunque si dice che la mimosa sia già tutta fiorita
infatti lasciamo l’inverno in galleria
e usciamo nel sole di un paesaggio già verde,
resi limpidi al prezzo di un vento severo
e riconosciuti per gli spigoli vivi dalla pianura
che passa il confine
per non rubarvi un istante del tepore che inseguite
ce ne stiamo in disparte nel vagone
o sulla panchina lungo il mare:
del resto quale argomento di filosofia o impegno di calcolo
si può sostenere al suo confronto ?
88_MERLO POETA
(Genova, 16 febbraio 2008, sabato)
gorgheggia il merlo sul filo teso,
poi sul ramo, poi da un diverso confine
e lungo la salita più volte sosto,
alla rassegna dei pennuti cantanti:
ognuno sul podio sospeso, ben vestito di nero
in appassionato comizio o melodioso richiamo
ogni merlo parla col mondo
e solo un simile tra le foglie lo comprende:
troppo convinto del suo canto non ammette che
ogni piffero duetta col vicino
ma la fanfara in marcia sovrasta lo strumento,
ogni solista trova una piazza invaghita
ma già passata la curva nessuno ricorda
e segue già un’altra melodia,
ogni pretesa proclama vittoria
ma si confonde nel rumore,
ogni regno è incluso in un più vasto dominio.
87_NOTIZIA SICURA
(Genova, 15 febbraio 2008, venerdi)
dal rametto che oscilla al suo peso
l’uccellino annuncia:
altri colleghi rispondono concordi nel cerchio di giardini,
un richiamo s’insegue con l’altro a conferma
è notizia sicura che si diffonde,
avremo ancora una diversa stagione:
un evento scontato che non ci distrae da ben altre occupazioni,
una fiduciosa certezza che non condividiamo
con tanto ingenui abitanti,
sempre così sottomessi ai ritmi naturali,
costretti dai loro legami
a mostrarsi ogni volta entusiasti di un ripetuto ciclo
diverso destino separa istinto e ragione:
cinquettare in breve vita
o a mascelle serrate trapassare coerenti le stagioni.
86_DUBBIO
(Genova, 15 febbraio 2008, venerdi)
al sole che avanza tiro la tenda,
all’invasore oppongo un resistente tessuto:
l’occhio inseguito dal riverbero
si rifugia in una verde penombra
sicuro delle proprie ragioni ci assedia il sereno:
tra le fessure spiamo
la pattuglia che senza sosta percorre la strada
e vuole tenere sgombro il panorama
da ogni ombra sospetta
alle domande che si pone il dubbio dietro le persiane,
splende la certezza sui sassi.
85_GIUDIZIO DEL GIORNO
(Genova, 14 febbraio 2008, giovedi)
una nuvoletta solitaria staziona sul porto,
una bianca barchetta nel pieno di azzurro,
uno sbuffo di fumo senza nessuna ciminiera,
unico esemplare in cielo deserto:
un osservatore che la notte ha lasciato
per vigilare su come ci comportiamo di giorno
una retroguardia che si era assopita sotto una fettina di luna
e ora in pieno sole si trova incursore,
segnato a dito senza poter sfuggire lo sguardo,
un superstite sorpreso nel vuoto,
incerto sulla direzione da prendere,
un messaggero che non ricorda il testo esatto:
se venuto a minacciare invasione
o proporre una prolungata tregua di sereno
quando poso la penna e riguardo,
la sua missione è svanita:
una vuota cornice sulla parete di fondo
inquadra un colore uniforme,
un inizio d’opera da cui il pennello si è ritirato
non ha retto l’inchiesta,
non ha motivato la presenza,
la parola non ci ha convinto,
il silenzio conferma il sospetto
e mentre il consiglio è riunito per il verdetto
ha preferito evaporare:
questo è il destino di chi proveniente dal buio
è sottoposto al giudizio del giorno.
84_PER GIOCO
(Genova, 12 febbraio 2008, martedi)
doppiato il capo nuvoloso,
la navigazione prosegue nell’ampio golfo
di un ripetuto sereno:
senza mutare direzione un vento costante
ci spinge alla deriva
come la barchetta nella fontana, trainata da un filo,
come il cane con ruote, che bambino dietro mi tiro,
come il percorso nel viale degli aranci, tra piazza e stazione,
come il palloncino,
che con lievissima spinta tiene sospeso il polso,
mi tira per la manica e invita a salire con lo sguardo
si comincia per gioco a guardare in alto,
a indicare col dito le mutevoli forme,
a completare d’incerte parole,
il racconto delle nuvole.
83_LE ORE SCRITTE
(Genova, 11 febbraio 2008, lunedi)
per quanto mi strofini gli occhi,
la vista di cielo e mare non migliora:
un velo sospeso toglie orizzonte,
nessun taglio deciso divide sopra e sotto
non l’incastro pulito tra le due superfici
ma una piega di stoffa imbottita,
l’incontro di due morbidi cuscini,
come la spalliera e la seduta del divano
su cui la vostra ampissima gonna si stende:
sulla seta turchese, un piccolo libro tenete aperto in mano
da quella pagina ricopio esitante alcune parole
ma per la distanza o la debole vista,
ignoro il titolo e neppure deduco l’intero discorso:
nemmeno posso chiedere di fermarvi alla riga
o sfogliare con maggiore lentezza
perché ogni ora nel giorno ha un foglio dedicato
e prima di sera,
dell’intero volume dovete aver concluso la lettura.
82_LA VISITA
(Genova, 10 febbraio 2008, domenica)
al sole che avanza sull’opposto versante,
le lune di neon sono ancora accese nei portoni:
il vento strofina dai tetti e dai muri
una polvere fine di ardesia e mattone,
una limatura di ruggine e mimosa,
che si addensa in fumo di madreperla sospeso sul porto,
in cipria al sorriso di una bella giornata
così mi venite incontro signora,
di buon mattino in frusciante vestaglia,
risalite fra orti e giardini la china
e alzando un lembo su alberi e tetti
scavalcate la collina rischiarando al passaggio l’altro pendio
non esiste proprietà che intralci il vostro cammino,
confine o barriera che rallenti l’agile passo
della visita che ogni giorno ai miei occhi regalate:
dietro le siepi a distanza vi seguo anche oggi,
mentre a vostro diletto,
il nostro terreno fino a stasera percorrete.
81_RAMI SECCHI
(Genova, 9 febbraio 2008, sabato)
in queste giornate di tenue tepore,
con la sola fatica dei gomiti sul davanzale,
seguo i lavori di pulizia nei sottostanti giardini
si appoggia la scala,
si sale sull’albero,
s’impugna una lama,
si sgombra il cammino a una diversa stagione,
si raddrizza l’incolta natura
che dormendo si è scomposta in groviglio,
si sfronda l’intreccio troppo complicato,
si riduce a sommario la folta divagazione,
si riporta a ragione la chioma del nespolo esuberante,
si riducono all’utile le piante oziose
che altrimenti non danno frutto,
si concentra il discorso senza troppi distinguo
ci avviamo all’uscita dell’inverno,
per un bosco di forchette dalle punte ineguali:
resta un terreno ingombro di rametti e parole,
di frasi mozzate in titoli e slogan,
di foglie superflue ricondotte a sintesi in un motto
i rami tagliati sono poi raccolti in fascina
e composti contro il muro in una pila,
che mi raggela per la somiglianza
con la scena di un rogo.
80_ORTO DI PIETRE
(Genova, 8 febbraio 2008, venerdi)
la lucertola o meglio il guizzo della sua coda,
sparisce nella fessura:
in eclisse al mio passaggio sul sole,
appena tiepido in quest’ora
in ginocchio nell’aiuola il mio vicino zappetta,
ogni due colpi l’attrezzo incontra una pietra
che dissotterra e mette da parte:
il raccolto della mattina è un cesto di sassi,
che rovescia sul mucchio
degli altri scavati nei giorni scorsi
una collina di scorie,
circonda l’orticello che negli anni abbiamo curato:
contiene i pezzi di scoglio che abbiamo scalfito,
le contorte radici che ci hanno intralciato il cammino,
le interrate occasioni con fatica estratte a colpi di zappa,
le sorprese sgradite, spuntate dal suolo senza preavviso
e ogni ostacolo contro cui il ferro si è scontrato,
per far posto ad una così amara insalatina.
79_VOLI
(Genova, 7 febbraio 2008, giovedi)
un calabrone imbocca per errore la finestra aperta
e spaventato continua a dar testate cercando l’uscita:
la giusta rotta segnalo
e peloso e nero l’esploratore riprende il volo a zonzo
vibra una mosca sul vetro senza rimedio,
finchè con una pagina in mano,
non la indirizzo alla fuga finale:
il ronzante pilota riprende quota e missione
a righe nere il velivolo giallo
sui fiori appena schiusi scende in picchiata
e ne saggia le difese:
sfiora la cima con le zampe
e infila il muso nell’obiettivo
i voli sono ripresi dopo il tempo nemico,
siamo di nuovo in contatto con il comando dell’invasione,
una iniziale di vittoria intrecciano due scie
sulla bandiera spiegata:
ma come siamo pallidi a questo azzurro incalzante,
un inverno dopo l’altro prigionieri
e quasi stanchi di essere liberati e ricostruire.
78_SEGNALI
(Genova, 6 febbraio 2008, mercoledi)
una quantità di gioielli è sparsa sul tappeto,
di collane d’avorio intrecciato d’oro,
di antico argento brunito indossate sull’azzurro,
da bianchi cordoni decorato in stratosfera
passando allo stesso livello lungo la salita,
con un gatto rosso seduto alla finestra
convengo che il paesaggio sta cambiando
e il viaggiatore deve prender nota dei segnali
in un giardino ancora per il resto sbiadito,
sull’erba che rispunta si rotola un gatto nero:
di pelo brillante mostra la pancia,
sul tenero verde strofina la schiena,
sferza la coda a debita distanza da ogni confidenza
un gatto tigrato si è fatto rotondo,
dorme incoronato di spine
nel tepore che trova in un nido di rovi:
l’aria non ci punge come prima di forchetta e taglia di lama,
ma nella conca del cucchiaio ci raccoglie.
77_UN AMORE DI GIORNATA
(Genova, 5 febbraio 2008, martedi)
l’intensità dell’azzurro corrisponde
al profondo blù che lo sostiene:
una porcellana preziosa si specchia
sopra un tavolo di acciaio appena laminato
durante la notte l’intenzione è cambiata:
al mantello di pioggia e minacciata neve,
si è sostituita una gonna di smagliante seta
che con orlo vaporoso di sottoveste sfiora
i gradini dove abitiamo e l’atrio indaco
in cui affonda lo scalone
vi ringrazio signora,
di aver sfidato il disagio della notte
e a ricompensa delle fatiche dell’inverno,
visitarci inaspettata malgrado ogni previsione
lei accenna un sorriso
e senza concedere altra confidenza,
scivola oltre a visitare il resto del giorno,
percorre i corridoi che s’inoltrano nelle ore seguenti,
fino alla camera dove attende il tramonto
mia bella padrona,
dopo avervi spiato sorgere, non ho più voglia di lavorare
e nascosto in soffitta,
mentre in tutto il palazzo mi stanno cercando
per assegnarmi doveri,
vi scrivo questo foglietto.
76_DIALOGO
(Genova, 4 febbraio 2008, lunedi)
provocato da una intrusione di gatti
o da un richiamo di altri simili dal giardino,
o dalla minaccia del temporale,
abbaia il cane al piano terreno:
per prenderlo in giro replico con l’eco,
ma da vecchio permaloso non sopporta
e risponde protestando verso l’alto
non si deve imitare la lingua degli altri
senza conoscerne il senso,
ma imparare al meglio la propria
e poi accostarsi in silenzio usando il fiuto per capire,
tenersi meno a distanza con le parole
e anche senza sfiorare il pelo dell’altro,
essere più curiosi che ringhianti,
più lettori di sguardi che di pagine in mano
così chiarite le reciproche intenzioni,
alle prime gocce rientriamo scodinzolando in casa.
75_LIMITI DEL LAGO
(Genova, 4 febbraio 2008, lunedi)
basso e compatto chiude l’orizzonte
un fronte di montagnose nuvole,
nella foschia sembra l’altra sponda di un lago:
un margine opposto che con breve corsa
il traghetto raggiunge
un grande placido lago,
che una strada intorno percorre
e da una riva all’altra si può vedere
il proprio punto di partenza ed arrivo:
questo è il cerchio d’acqua attorno a cui ci accalchiamo,
più volte ne abbiamo compiuto l’intero giro
o traversato a diversi approdi,
sulla barchetta remando o al timone del battello,
tagliato a fette col motoscafo
o costeggiato a piccoli morsi
sgambettato sulla spiaggia,
poi tuffato dallo scoglio,
osato verso il largo,
sfidato quando s’increspa,
oziato alla cabina
chi ha visto per una volta il mare,
poi non può farne a meno:ti poni di fronte senza scorgere altro limite
e allo specchio ritieni di non avere fine.
74_LENTO BALZO
(Genova, 3 febbraio 2008, domenica)
invano il vento ci prova, a spingere indietro l’intruso:
un grigio animale imponente,
che inzuppa la pancia nell’acqua
e tende le zampe anteriori verso di noi
le sue dita sfumano in bianco nello slancio frenato,
mentre annaspa e sospeso lacera l’azzurro:
risparmiati per ora,
restiamo come le tre navi nella rada,
in attesa di approdo
poi si solleva e ci copre per intero,
la domenica ingoia con le campane a distesa,
alza la coda e lascia vedere la paglia dove sedeva,
lo spiraglio a mare di un cesto giallastro,
da cui ci è balzato addosso:
un corpo di pelo intriso d’acqua ci rotola sopra,
schiacciati senza respiro,
sperando che ci risparmi e passi.
73_LA STAGIONE GIUSTA
(Genova, 2 febbraio 2008, sabato)
il miglior modo per scampare all’inverno,
è non avere troppi rimpianti per le stagioni
che l’hanno preceduto:
lo ripeto esitante al cuore che me lo chiede,
di fronte al panorama del verde
che intorno si mantiene ostinato al nero
gli racconto che proprio noi abbiamo avuto
le foglie sui rami, i capelli sugli occhi,
delle notti di parole anziché di sonno,
delle giornate ben più luminose del barlume concesso,
delle strade da riempire di gambe in moto,
più che stanze dove schiacciare il naso contro il vetro,
a intuire se nella nebbia è finito il giorno o un altro inizia
devi attendere ancora:
magari la presente c’inganna e si mitiga
e poi inasprisce e delude,
magari sei così stretto dallo sconforto
di non trovare calore in nessun luogo,
che ti lasci cadere al bordo della strada,
ma la stagione giusta viene
magari l’inverno alla fine ti ha preso, sconfitto e sepolto
ma tu la sai che non è per sempre,
che il cuore in un altro ancora si sveglia
e tutto in modo diverso di nuovo succede:
si sporgono dai nidi
sbocciano nei vasi
spuntano piume
si agitano fronde
azzardano ali.
72_RUMORI DI FONDO
(Genova, 1 febbraio 2008, venerdi)
tutti i rumori lo scirocco ammucchia sotto il balcone:
il ferro contro il ferro del carico che scende nella stiva,
l’allarme modulato delle grù in moto,
un fischio di treno alla manovra,
il rotolio delle auto sull’asfalto bagnato,
lo stridio dei gabbiani in giostra sopra di noi
poi al cambiare del vento,
la maggior parte dei suoni retrocede all’origine:
alle scatole di metallo,
nella gola dei pennuti,
sotto le ruote sui binari
qualcuno di noi
che strombettava in prima fila nell’assalto,
ora deluso ha ripiegato per un posto nel coro,
che guidava la banda in testa al corteo,
ora ch’è passata, rimane da solo a parlare per strada
ora che il fracasso si è smorzato in cigolio,
si cercano nel cassetto le medaglie da mostrare,
si esegue un elogio delle ferite sofferte,
si strimpella la canzone del perdono
per quelle inflitte
ora che il calendario si è sfogliato degli anni,
come questi alberi che la stagione mi ha messo intorno,
è il silenzio miglior custode della memoria,
di noi stonati e solitari amanti della musica,
non ricambiati.