LA SERA
LA SERA
Chiudi tu la persiana
su quest’altro giorno che passa,
io mi aggrapperò ancora
all’ultima luce vegliata,
anche alla più lontana,
come quella che tra poco
cadrà dall’orizzonte,
perché voglio ancora credere
che di questo giorno
ne ho ancora tanto da vivere.
(Anna Ducci)
(Genova, 29 novembre 2008, sabato)
300_NAVE CINESEtutto il mondo visibile è coperto da un soffitto
di panno ondulato,
che un orlo dorato guarnisce sul mare piatto:
una nave dal corpo nero e carico verde,
mostra sul fianco il proprio nome cinese
alla costa
tutta da oriente proviene la merce che vedi a scaffale,
uno sterminato esercito di oggetti
occupa i magazzini,
un dragone mercante spedisce le sue armate
in ogni direzione:
accerchiati e sconfitti
da un impero di plastica a cui ogni giorno chiediamo
di essere invasi
intanto l’orizzonte minaccioso si oscura
e il vascello del celeste impero
ci sorveglia:
un dubbio di fede,
un cenno di nausea,
una nostra scelta esitante può rallentare il pianeta.
(Genova, 28 novembre 2008, venerdi)
299_TRISTEZZA DI NEVE INCOMPIUTA
nonostante l’impegno,
sono rimaste bianche solo le falde del tetto
rivolte a monte:
triangoli scoscesi,
segnali sparsi senza simbolo di ordine o divieto,
fette di torta velate di zucchero,
un assaggio per ogni tipo lasciate nel piatto,
sparse sul tavolo alla festa finita di prima neve
il giorno si spegne in cenere,
un fischio gelato percorre tutta la valle,
cielo e collina
si preparano alla notte avvolti nello stesso mantello,
un brivido risale la schiena alla vista:
tristezza del tentativo mancato,
di nasconderci del tutto
il male compiuto in città.
(Genova, 28 novembre 2008, venerdi)
298_SEMBRA LA NEVE
tutta la notte il vento
e poi la pioggia imbianca,
i nostri palazzi immersi nelle raffiche
come navi all’ormeggio in un fiordo vichingo
ci siamo lasciati ammirando un gioiello di corallo
riavvolto nel viola,
ci svegliamo bendati di tela grezza,
intessuta con fili obliqui
che crepitano sul vetro
si rigano in verticale le finestre
di liquide fitte sottili sbarre,
la vista offuscata da un velo
chiama una condizione comune:
dall’alto inevitabile ci cade addosso
un evento naturale ben conosciuto,
un fastidioso fenomeno di stagione,
interpretato secondo l’umore dell’osservatore.
(Genova, 27 novembre 2008, giovedi)
297_VENTO COLTELLO
è una lama di coltello posata di traverso
da un capo all’altro,
che piega dal mare la luce verso di noi
dritta s’infila nel fodero verde della valle,
schiva radente i palazzi,
trafigge orto e boschetto,
e si pianta sotto la pancia della collina
mattino spietato di gelido vento,
che ritaglia i contorni senza esitare
in spigoli acuti e bordi affilati
e rende i concetti alla fine ben chiari,
le scelte definitive
il riflesso da un vetro di finestra
per un momento rischiara la stanza,
poi torna la consueta penombra incerta.
(Genova, 22 novembre 2008, sabato)
295_TREGUA
sul mare una cintura di nuvole ci stringe d’assedio,
ogni ordine di vele spiegato
fuori dal porto a perdita d’occhio
finchè tiene tramontana,
finchè il vento ci protegge dalle navi schierate,
dai tiri di bombarda
che ci fracassano tetti e campanili
una tregua di un giorno concessa
nel radunare la flotta,
giunta senza scampo a punire il nostro azzardo
di aver provocato l’orgoglio del re sole.
(Genova, 21 novembre 2008, venerdi)
294_PREVISIONI
la situazione visibile contrasta con quella prevista,
il vento annunciato
soffia per ora in direzione opposta,
un tiepido sole smentisce la tempesta imminente,
il mare appena mosso non è una minaccia
ignari spettatori a sipario tirato,
attenti ai passi fruscianti dietro le quinte,
ai sussurri in attesa del primo atto,
ai segni di tanto futuro che dalla finestra
non si riesce ad interpretare.
(Genova, 20 novembre 2008, giovedi)
293_BANDIERA CON STRISCE
a bande alternate di azzurro e grigio fumo,
sventola sul mattino
l’insegna di autunno che avanza
il venditore di ombrelli apprezza la striscia scura,
l’ambulante con i carciofi esposti
spera che il sereno si estenda:
ognuno della bandiera
si compiace o lamenta per la zona che gl’interessa,
minima parte del turbato stendardo sul continente
guarda il cielo che muta,
senza tener conto degli opposti sentimenti:
ci passa sopra
un gioco di correnti ad alto livello,
un conflitto di aria calda con freddo polare,
di pioggia battente su ombrelli di carta
capricci del mercato o instabile clima,
argomento di conversazione impotente.
(Genova, 16 novembre 2008, domenica)
292_LUNA DI GIORNO
ho visto anch’io la luna sbiadita
al primo sole di questa mattina:
la persistenza di un simbolo notturno
nel dominante chiarore,
una moneta dal bordo corroso,
imprecisa nel contorno come il ricordo del sogno
da cui mi sono appena svegliato,
ritaglio tondo di scena senza prologo e finale
piattino bianco scheggiato
sul fondo della piscina che si riempie di azzurro,
bottone perlato alle dita
nell’asola di un morbido e celeste golfino
ogni cosa trapassa di stato con minime gradazioni:
ma noi
per guardare troppo lontano e nel ripetuto volgersi indietro,
ci troviamo invece con stupore
dalla notte fonda nel giorno avviato
o al contrario nel buio improvviso affondiamo angosciati
travolti dal risultato
senza saper cogliere in tempo
i segni del declino o i motivi di speranza,
gli attimi prima o quelli seguenti la data fatale
in cui al sopruso di sole, luna sparisce.
(Genova, 15 novembre 2008, sabato)
291_MORALE DI STAGIONE
un tremito alle foglie di salvia,
una spinta alla chioma di alloro,
un peso si appoggia e piega il cipresso,
ogni grandezza di pianta rende visibile
oltre i vetri la forza del vento
al cigolio delle persiane trattenute a stento,
dal nostro riparo lo vediamo in servizio:dalla notte scorsa, un volere unico obbligal’orto e il bosco a chinarsi,
il gabbiano vi nuota dentro e si sostiene,la stoffa dal palo sbandiera colore
non credere che da sempre per sempre
durino i giorni di pioggia,
che la tendenza di uniforme cielo,
sotto cui sei nato e cresciuto,
sia la regola dominante,
che il nostro tempo vissuto sia lineare misura
di uno sferico moto,
il tragitto quotidiano, paragone con l’orbita in un sistema,
il conteggio dei passi, garanzia di giusta direzione
osserva e impara, la morale di stagione:
arriva il vento e a suo verso il mondo cambia.
(Genova, 14 novembre 2008, venerdi)
290_NAVE NERA
tenuta a distanza dal vento contrario
o dalla mancanza di un idoneo accosto,
la nave nera è comparsa nel lago di piombo:
è giunta stanotte non vista e ora attende
sotto un cielo a tende strappate su fondo azzurrino
una qualsiasi notte o giorno imprevisto,
in qualunque stagione di un prossimo anno,
nell’ora propizia o meno indicata,
lei arriva, si ormeggia e aspetta:
finchè la vediamo fuori dal porto
siamo sicuri di non far parte del carico
che oggi è venuta a prendere
sotto le volte di un appartato magazzino,
sono allineate le nostre casse di merce,
con numero e nome sui fianchi
e destinazione finale.
(Genova, 12 novembre 2008, mercoledi)
289_URGENTE PARTENZA
uno sbuffo di fumo a forma di piuma
è sospeso sul porto:
nero sospiro emesso da nave in partenza,
da macchine al molo tenute in moto,
da urgenza di staccarsi da terra comunque
non si attende che chiudano le stive:
si avvolge la cima sull’argano,
si allenta il legame con la banchina,
si frena l’albero motore,
per salpare in fretta appena giunge il segnale
via dall’acqua torbida dei giorni di pioggia,
dalla cintura di fango che stringe la costa
a mettere prua in direzione di alto mare,
di onde ovunque, senza uomini e case
dalla ringhiera del balcone di ponente,
al parapetto del ponte di comando,
isolati natanti ci scambiamo messaggi,
proseguendo sulle proprie rotte.
(Genova, 11 novembre 2008, martedi)
288_LA MONETA
nella vasta pentola che allo sguardo ribolle,
un orlo dorato splende:
dal bordo scostato del coperchio,
la luce superiore come un cucchiaio
fa cerchio nel brodo,
uno scafo ci naviga dentro,
in rotta tra due confini di buio
una moneta preziosa posata sul piatto di peltro,
a ricompensa di questa giornata di pena:
una offerta che rifiutiamo sdegnati,
tenendoci ai bordi del tavolo
e spiando le prossime mosse dei giocatori
da sempre, qualcosa sta per comprarci:
il desiderio in uno sguardo e per l’oggetto nella vetrina,
la passione di una fede o il conteggio dell’interesse,
la spiegazione definitiva che pensiamo di aver scritto,
la tentazione del bene a nome altrui
ci teniamo in disparte,
ammettendo la voglia di sole malgrado la stagione.
(Genova, 10 novembre 2008, lunedi)
287_SOTTO IL TAVOLO
sotto un tavolo grigio mi nascondo in penombra,
al bordo agitato da pieghe
che da lontano ci ferisce di luce
poi tirato alle spalle
l’orlo della tovaglia si riduce,
un attimo dopo la frangia che avanza
ci raggiunge, infradicia e scollina
e fra poco allo sguardo dall’alto
saremo indifesi
come altre volte ti dico,
non devi spiare da sotto un mobile
il passo del mondo,
risalire dalla vista della caviglia
al giudizio sull’intera figura,
dalla misura di una briciola in terra
alle dimensioni della stanza,
dalla nuvola sul capo
alle previsioni per un continente,
dall’esempio delle trascorse stagioni
trarre conferme sulla presente.
(Genova, 9 novembre 2008, domenica)
286_DALLA TORRE
malgrado le fessure propizie
non si scardina la giornata:
il tetto resta bagnato senza speranza,
sotto i vasi il piatto non trattiene l’onda
un velluto verdastro di muschio e licheni
ha rivestito lo spigolo del cornicione
come un gomito liso di braccia conserte
intorno al balcone
così dalla torre di controllo
l’attimo dopo che un diluvio è transitato
in orario perfetto:
per come ne siamo inzuppati
non riusciamo più ad asciugarci,
ogni giorno di pioggia si aggiunge al ricordo
e oltre l’orlo si spande sul panorama,
l’acqua trascorsa
ci colma e trabocca.
(Genova, 8 novembre 2008, sabato)
285_OMBRA DI CRISIarmato di due corni,
un muso si allunga da oriente:
per liberare la testa infilza e strappa
un velo appeso al vetro azzurrato,
un’ombra di pancia perversa si distende
sul mare indifeso
ad esame più attento
poi si mostra come testa senza corpo adeguato,
un capo mozzato spinto a riva dalla corrente,
un corpo scuro che svapora
in camicia bianca a brandelli
una minaccia come altre volte
ridotta a minori proporzioni:
una tromba del giudizio che si rivela piffero stonato,
un grand’evento messo in scena s’un palchetto
con fondale strappato
un altro secolo di crisi ricorrenti,
di nuvole a forma inconsueta
per conto proprio in moto sulla testa
nel tardo mattino si avverte
un deciso rialzo di vapore in aria,
di dollari a milioni,
di petrolio a barili,
di rumore di piatti sulla tavola
da una vicina finestra.
(Genova, 7 novembre 2008, venerdi)
284_SOLE ASSENTE
uno spiraglio di azzurro tenuto socchiuso
da una gamba distesa
tra ponente e centro del golfo,
una porta di nuvole contro cui il mattino
si ostina e spinge
la crisi del commercio riduce le importazioni
e il numero di navi all’accosto:
il porto da giorni è deserto,
uno specchio d’acqua in frantumi,
un mare stretto da spigoli,
che subisce il moto di quello esterno
quando s’infuria o si distende
un canale sotto il muro,
una strada vuota lungo la diga,
un cartello appeso
di sole assente per motivi di salute,
un battente accostato che ne attende il ritorno,
una giornata senza voglia di lavoro
che si riflette nella vetrina chiusa
con luci accese dietro le tende.
(Genova, 27 ottobre 2008, lunedi)
283_LA MACCHIA
la macchia di sangue sul muro di casa si spande,
la vite al confine scorre
nelle foglie del melograno:
la stagione incerta si colora in prove di tramonto
ma non si decide ad entrare
un intruso al cancello che gira intorno ai giardini e spia,
attende che l’ultima foglia si stacchi,
che il giorno sia più stretto tra inizio e fine,
per balzarci addosso
e senza versare una goccia cadere,
come l’albero secco al nero.
(Genova, 19 ottobre 2008, domenica)
282_MOVIMENTI
la nave verde in un giorno arriva e parte,
quella nera sosta più a lungo,
incalzata dallo scafo blù giunto nella notte
poi segue un giorno di banchina vuota
e gru in attesa:
una lunga riva senza scopo alta sull’acqua,
con teste di bitte senza cime al collo
a nuvole un lenzuolo
scivola sulle spalle di un porto che riposa:
dopo sarà così,
che invano si attende s’un molo ventoso,
dove non attracca più nessuno?.
(Genova, 15 ottobre 2008, giovedi)
281_IN SALITAmentre risalivo la collina incominciò a piovere,
la scalinata si punteggiò di macchie
sempre più fitte:
una pelle di leopardo stesa sui gradini,
una passatoia di rosso mattone
che conduce alla cima,
al tempio sulla montagna,
tra punte di lancia, tamburi e piume,
spinto da scirocco a superare la pendenza
dei continenti.