MISURA e TRASCRIVI

MISURA e TRASCRIVI

gennaio a Genova

gennaio a Genova

Nuvole

Nuvole
foto di Anna Ducci

LA SERA




LA SERA

Chiudi tu la persiana
su quest’altro giorno che passa,

io mi aggrapperò ancora
all’ultima luce vegliata,

anche alla più lontana,
come quella che tra poco
cadrà dall’orizzonte,

perché voglio ancora credere
che di questo giorno
ne ho ancora tanto da vivere.

(Anna Ducci)


martedì 29 aprile 2008


216_FIOCCHI DI COTONE
(Genova, 28 aprile 2008, lunedi)

mentre risalgo verso monte nel corridoio tra le case,
sono raggiunto e superato
da nuvole veloci che m’inseguono
senz’affanno e cigolio di gambe
nella stessa direzione

fiocchi di cotone balzano e spariscono
da un tetto all’altro,
da una balla fuori vista
che qualcuno strappa e sparge al vento:
per una forza costante applicata si sfilacciano
i giorni in senso obbligato.
215_INDECISO
(Genova, 23 aprile 2008, mercoledi)

come uno scafo titato in secco e rovesciato,
un lungo tetto incatramato si asciuga:
una chiglia di pelle nera e lucente nell’ombra,
grigia e squamosa dove il sole si allunga

di pesce pescato e lasciato nel cesto,
ormai senza memoria di acqua e scuro fondale,
di pioggia rovesciata sulla schiena,
di rovente silenzio estivo

una nuvola lasciata di guardia sul porto,
a ripetuti sguardi evapora alla fine del suo turno,
una velata tendina sfuma i contorni

un gatto al centro del terrazzo,
come il perno di lancette in un quadrante di orologio,
segue l’ombra della ringhiera in moto lungo il bordo:
indeciso mattino tra umido avvio e inaridito seguire.

214_FUORI POSTO
(Genova, 21 aprile 2008, lunedi)

sotto la pioggia battente il tetto piatto riflette
il perimetro della ringhiera:
dei laghi in cima ai palazzi
in cui si specchia non il bosco ma il collo dei camini,
delle piste da ballo deserte
lustre d’acqua nel mattino di riposo,
l’uscita sul retro aperta a far corrente

il chiaro del giorno sul confine del buio,
trattenuto dal sipario di velluto:
intruso come il sole all’interno di un teatro,
fuori posto come un raggio di luce in una scatola nera,
chi scrive fa il suo ingresso inopportuno,
con il secchio e lo straccio,
come la donna delle pulizie che spalanca la porta
durante il monologo dell’attore assorto
e rivolta verso l’esterno ancora impreca, racconta e ride.
213_BAROCCO DEVOTO
(Genova, 20 aprile 2008, domenica)

nella notte si è formato
un corteo impiumato che ora sfila trionfale,
ci scavalca e prosegue
a ricevere onori oltre collina

una bianca sfilata di baldacchini velati
e insegne ondeggianti per il cielo,
di nuvole contorte con sopra dei santi estasiati
e sotto villani a capo chino,
pressati da consigli e in attesa di ordini

fatto il debito confronto,
in ginocchio pregavo nel passato e nel moderno
mi rialzo da terra e sul divano ricevo il comando,
di erigere solerte una modesta cappella
o farmi convinto strumento di una opera più grande.

domenica 20 aprile 2008


212_VIAGGIO E ARRIVO
(Genova, 19 aprile 2008, sabato)

dopo il temporale, il sonno riparte a scosse
e ci depone confusi
nella stazione deserta di un fradicio mattino festivo

scesi da un viaggio notturno di pioggia sui vetri,
di lampioni che ci correvano accanto
segnalando le soste trapassate lungo la linea:
alcune raccolte in pochi anni di tragitto aperto,
altre distanziate dal buio di gallerie smemorate

un gatto rosso sul culmine del tetto, osserva:
il mare che da incerto grigio s’incolora di azzurro deciso,
un gabbiano che gli volteggia sulla testa,
uno strappo nelle nuvole che pendono svuotate sullo sfondo.
211_LETTO AGITATO
(Genova, 17 aprile 2008, giovedi)

ingombro di cuscini sospesi,
un letto agitato guardiamo dal basso:
in tale disordine questa notte abbiamo dormito

tirando l’azzurro sotto il mento
e spingendo il grigio in mucchio ai pedi,
ci siamo dibattuti tra il sudore sulla fronte
per un presente annodato
e uno spiffero nel collo di gelido futuro

nel mezzo della notte ad occhi sbarrati,
cercando invano conforto
nel tiepido passato.

210_GONDWANA
(Genova, 16 aprile 2008, mercoledi)

isola nell’azzurro, una nuvola troviamo sulla rotta:
apparsa come innocuo punto nel vuoto,
ora minacciosa scogliera che costeggiamo a fatica

nel mare del tempo affiorano isolate cime
che si rivelano poi bordo di continenti:
inseguendo le spezie si sconvolgono imperi,
si gettano sassi nella fontana e si perde di vista
l’approdo dei cerchi,
s’una costa lontana le onde lasciano i relitti
del nostro errore incosciente

guardo una mappa in cui la terra emersa
è riunita in un solo blocco:
mentre sognamo il villaggio sicuro
che ci protegge dal mondo,
la deriva dei continenti si evolve a ritroso
in unico mercato

(una banda di rumeni ci ruba il rame
e lo vende a dei cinesi:
noi lo ricompriamo da loro in forma di tecnico goiello.)
209_CONSENSO PERDUTO
(Genova, 15 aprile 2008, martedi)

da una somma di nuvole tenuto in disparte,
il sole alle spalle azzarda un cenno di viola:
zittito dalla foschia in un bagliore diffuso,
è costretto a sdraiarsi per passare sotto la soglia

è difficile poi rialzarsi in bella giornata
dopo aver subito una tale sconfitta:
infatti tra due ante di piombo, si chiude lo spiraglio,
una pioggia cattiva ci tormenta
e promette di non lasciarci impuniti nei prossimi giorni

di allagare anzi cantine e spargere in strada
i problemi accantonati che non abbiamo risolto,
che tutti vedano di che inutili arnesi abbiamo fatto scorta
e riempito scaffali.

lunedì 14 aprile 2008


208_L’APPELLO
(Genova, 13 aprile 2008, domenica)

un albero morto spicca nel verde:
intorno il boschetto è risorto
e circonda una croce di legno secco

spoglio e annerito,
per tutto l’inverno è rimasto in piedi con gli altri,
in apparenza pronto a svegliarsi al giusto momento

in una vicina salita, una lapide cita
uno caduto a ventanni in un lontano aprile,
il giorno prima che tutto fosse finito:
primavera, stagione crudele
di chi non risponde all’appello.
207_DISGELO
(Genova, 11 aprile 2008, venerdi)

sottomessi al dominio di nuvole così basse,
che pieghiamo la testa per non impigliarci,
strisciamo sul fondo in un risveglio sottomarino:
con il ronzio dei motori che percorre le pareti,
sotto il ghiaccio del polo immersi,
scivola lo scafo in un chiarore diffuso

stiamo per raggiungere lo zero,
un punto magnetico in cui ogni tensione si annulla,
dove l’inutile ago non segna direzione certa,
alla deriva in un gorgo di lavabo.

206_NEL BAULE
(Genova, 10 aprile 2008, giovedi)

un livido spiraglio corre tra il mare nero
e il suo coperchio:
chiusi nella penombra di un baule,
speriamo che quel bordo si sollevi,
afflitti come siamo dallo spigolo di una scatola nel fianco,
soffocati da un colletto di pelo,
storditi dall’odore di canfora e di vecchie carte

ma il padrone
trascura gli oggetti che ha riposto nel forziere:
lascia che il bagaglio s’inzuppi sotto una pioggia fine
e ammira invece il verde che ovunque infoltisce,
il glicine a cascata,
il ciliegio che scosso dal vento imbianca la strada,
che senza più velo,
dopo le nozze prepara il frutto.
205_ELEMENTI
(Genova, 8 aprile 2008, martedi)

stando in poltrona,
la cima dei tetti spunta dal bordo inferiore della finestra:
sopra, un cielo in marea dilaga ondulato

come l’acqua sul pianeta sopravanza la terra,
così l’aria domina la nostra esigua estensione:
avviliti dagli altri elementi,
ci riserviamo di esibire nei dintorni
almeno il potere del fuoco.

martedì 8 aprile 2008


204­_APPUNTI A MATITA
(Genova, 4 aprile 2008, venerdi)

come il cucchiaio che agita la tazza,
risuona la campana nel silenzio liquido
in cui dormivamo:
l’occhio, dal confronto con l’esterno si ritrae,
annegato in azzurro e di verde,
lo sguardo si ferisce agli spigoli netti delle case,
l’acqua nel catino replica lo scafo bianco,
per un gioco di correnti o a motivo del vento,
una striscia turchese è incastonata nel blù fuori dal porto

l’aria da bere scende in gola
e risale in un sospiro:
fosse il futuro limpido come questo panorama,
la pagina scritta in dettaglio senza esitare,
a parole scandite di nero intenso

appunti a matita
sul bordo di un libro che ci hanno lasciato,
quasi letto per intero e d’incerto finale.
203_SPIRITO DI STAGIONE
(Genova, 3 aprile 2008, giovedi)

seduto sul bordo del letto,
attendo che lo spirito del giorno mi alzi in piedi
e guidi fino alla cucina:
evoluto
da una notte senza memoria ad un luminoso mattino,
mi avvio a dominare il mondo

la primavera
ravviva i sensi e l’offensiva degli eserciti,
il colore delle bandiere al fresco vento:
si tradisce l’alleato d’inverno,
si desidera la donna e la corona altrui,
si leva dalla corazza la patina opaca
della lunga guardia sulle mura,
si ferrano cavalli e teste, si monta in sella
per scendere a far bottino in pianura

dal biscotto che tengo immerso nel caffè,
sfuggono dal fondo della tazzina
le bolle d’aria:
per un istante, col cucchiaio in mano
mi vedo aguzzino a tenere sott’acqua
la testa del prigioniero che non confessa.

202_GITA DI APRILE
(Genova, 28 marzo 2008, venerdi)

l’insegnante in coda al gruppo di studenti avverte
che il comportamento della classe
determina la valutazione finale:
le risate e gli spintoni all’avviso si smorzano,
la colonna si ricompone in provvisoria disciplina

paperi nel torrente in fila per scoprire il mondo,
scambiando messaggi sulla tastiera
e sgambetti col vicino,
con le cuffie all’orecchio e lo zainetto in spalla,
marciamo in visita guidata tra gli urli dei conduttori.
201_PAROLE AL VENTO
(Genova, 28 marzo 2008, venerdi)

questa mattina,
nel verso contrario il pelo dell’acqua è arruffato:
a colpi di spazzola il vento passa e ripassa,
strappa e sfilaccia, riduce in brandelli
ogni nuvola che si azzarda a comparire

come ammiro del vento
l’ostinata cura con cui azzurrisce per intero il cielo:
sia che pulisca o ingombri di nuvole,
sia che usi gli spigolosi argomenti di tramontana
o le morbide allusioni dello scirocco,
non usa parole per annunciare,
promettere o giustificare la direzione cambiata

ma fischia, zufola, ulula e sussurra,
suona e canta mentre
conduce a termine il proprio lavoro:
qui piegato un ramo si spezza,
altrove cullato sparge petali

come invece compatisco
il castello di carte che insistiamo a costruire,
orgogliosi dell’altezza raggiunta
e temendo ogni spiffero.